Poliziotti fuori: recensione

BRUCE WILLIS E PARTNER SBIRRI PER DIVERTIMENTO

Ogni tanto succede che un attore cerchi se stesso nel puro divertissement, un momento di stacco e svago che gli permetta di ricaricare le pile di un’intera carriera. E solitamente questo accade con una commedia no-brain, leggera e frivola lanciata proprio coi primi solleoni che coincidono col deflusso dalle sale. “Poliziotti fuori” è l’ennesimo caso in cui Bruce Willis torna ad indossare i panni del piedipiatti stavolta col sorriso sornione e l’ironia di sottofondo, che fa il verso hollywoodiano a Bud Spencer e Terence Hill in trasferta americana. Demenzialità di basso livello da degustare con birra in mano e infradito ai piedi, una tipica action-comedy condensata di gag telefonate e qualche battuta ben assestata che rendono il film un mix innocuo di duetti verbali tra il prode Willis e la sua spalla Tracy Morgan, il nero per contratto a cui il regista Kevin Smith (solitamente più ficcante) lascia carta bianca. Ma cosa mai si potrebbero inventare mentre sciorinano la versione scialba di “Bad Boys” per le strade della metropoli, a caccia di eccessi, clichè, equivoci da copione e situazioni surreali? Usuratissimo, il plot regala un paio d’ore di svago dalla noia, con il pregio d’intrattenere lo sguardo e trattenere lo sbadiglio imminente del dopo pranzo. Due sbirri a piede libero funziona solo nel momento in cui si allontana dalla verosimiglianza, accostandosi alla fantasia di genere. Se ridere è sempre più difficile allora è consono vedere una pellicola che tutti si sono divertiti a fare, inclusi i comprimari Adam Brody e Sean William Scott, veterani dello slapstick e qui a loro agio con la gigioneria del sempre truce Bruce. Capitato nel bel mezzo del cammino della sua vita in una selva di battute oscura.

Simone Bracci

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