Rango: recensione film

SPAGHETTI WESTERN AI TEMPI DELLA COMPUTER GRAFICA

Sceneggiatura che vince non si cambia! Forse il sottoscritto è troppo legato ad un’idea antica di cinema. Quel cinema fatto di storie, poche inquadrature, pochi set… Romanticismo, insomma! Ricordare quel modo “desueto” di fare film, aiuta a vedere la realtà dei fatti: la tecnologia cambia, ma il linguaggio del cinema rimane immutato nel tempo.

L’esempio lampante è “Rango”, ultimo film d’animazione in ordine di tempo realizzato dal caraibico Gore Verbinski. Perché “Rango” è un bel film? Perché contiene in sé tutti i trattati più importanti sulla sceneggiatura, dal “Viaggio dell’eroe”, passando per “Come scrivere una grande sceneggiatura” della mitica Linda Seger. Un esempio pregnante di ciò che si dovrebbe insegnare nelle scuole di cinema, almeno nelle classi di sceneggiatura.

Sceneggiatura che vince non si cambia, si diceva all’inizio. Certo le storie sono tutte diverse. Volendo semplificare al minimo indispensabile gli avvenimenti, arrivando al nocciolo della questione, si avrebbero però giusto tre, massimo quattro script con cui confrontarsi. In “Rango” la scelta è molto semplice: il protagonista si finge un eroe agli occhi dei suoi nuovi “amici”! Quanti film avete visto con questa trama? Vi assicuro che sono parecchi. Ne basterà citare due, a cui, volente o nolente, il buon Verbinski si deve essere ispirato per rendere godibile al pubblico il suo coloratissimo camaleonte: “Hercules”, Disney, anno 1997; “A Bug’s Life”, Pixar, 1998. È innegabile quanti plurimi riferimenti (o se volete citazioni) ci siano in “Rango” di questi due lavori: personaggi, situazioni, battute, li ricordano da vicino. Certo il modo di raccontare è molto diverso da quello degli anni Novanta e “Rango” è all’altezza dei film a lui contemporanei. Il mondo è più veloce, comico, malizioso, simpatico, meta-cinematografico a volte, ma il tutto mantiene uno schema alla base, nella storia, inalterato rispetto ai due predecessori.

C’è davvero di tutto: azione, psicologia, doppi sensi (anche troppi per i bambini), commedia, momenti romantici, nostalgia, paura del futuro… insomma un vero trattato di buon cinema. Ci si potrebbe anche soffermare sugli altri temi (l’influenza dell’uomo sulla natura, la sopravvivenza, trovare un’identità nel mondo), ma è meglio che ogni spettatore scopra da solo le meraviglie di questo “educativo” film.

Avvalendosi della voce di Johnny Depp, ovviamente, “Rango” stupisce anche per le musiche, scritte da Hans Zimmer, che ricordano i capolavori di Sergio Leone. Del resto era impensabile non inserire scene tratte da “La trilogia del dollaro”, considerando che la storia è ambientata nel vecchio West.

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