Crazy, stupid, love: recensione

SENZA IRRIVERENZA, MANTIENE IL RITMO ANCHE AFFOGANDO NEL BUONISMO

Una follia, una pazzia, una scheggia conficcata nel lato sentimentale del cervello che fa esplodere l’amore nel corpo e nell’anima. Quest’esasperazione del lato umano che con tanto ardore fa compiere gesta insperate o allo stesso tempo atti fuoriluogo è il centro catalizzatore della storia che vede al centro Cal, ovvero Steve Carell, in fresco divorzio dall’annoiata (ma ancora innamorata) moglie Julianne Moore.

“Crazy, stupid, love” si dimostra subito poco interessato al lato irriverente della storia che narra, lontano dal colpo di fulmine di gioventù che da inizio ad un plot con pochi ma efficaci colpi di scena. La coppia di registi formata da Ficarra e Pic…Requa slittano sul pedale del politicamente scorretto, per accelerare nei tornanti smielati di certi buonismi diabetici che solo Hollywood riesce a confezionare. E con passione.

La base di partenza resta una graziosa domanda difficile da rispondere: rimasti soli dopo i 40, come fare per riprendere il controllo del proprio lato romantico/sessuale? La sfera che racchiude il segreto racconta di rinnovo di look, guardaroba, conto in banca e atteggiamento verso la vita, un approccio più disincantato e in generale lontano da quell’apatia da matrimonio che fa rima con “adagio”.

Andando troppo adagio si perde il sale del rapporto e questo, stando agli autori, vale a tutte le età e a tutti i livelli sociali, con effetti comici che dovrebbero essere dirompenti e che invece sono diventati una scatola di cartone, impacchettati in una confezione superba, vero, ma scartabile solamente tra Natale e San Valentino. Periodo in cui anche i produttori d’America, evidentemente, diventano più buoni, tanto da non notare la mancanza di elettricità che scorre nel copione, sorretto troppo a lungo da attori quotati e in palla, specie tra le seconde linee (Marisa Tomei, Kevin Bacon) che avrebbero meritato più spazio.

Plot pilotato da nozioni troppo commerciali che regge il ritmo anche quando il film s’impalla nella melassa, salvato in corner dai duetti ben costruiti tra il protagonista e l’attore-idolo del momento Ryan Goslin, o tra lui e la leggiadra Emma Stone. Un cast ben assortito che fa della malizia il cardine su cui ruota tale stupido, pazzo, amore che nella quotidianità degli eventi è un qualcosa di semplicemente ed irrimediabilmente impossibile da catalogare.

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