Un ÉtÉ brulant: recensione film venezia 68

STAGIONE BOLLENTE, FILM GELIDO E SENZ’ANIMA

Per chi non ha mai visto un film di Philip Garrell, questo suo ritratto di due giovani coppie in viaggio in Italia è il modo peggiore per iniziare. Il regista di “Les amants reguliers” (passato a Venezia qualche anno fa) vorrebbe fare un film teatrale sulle dinamiche di coppia, ma non riesce a scavare abbastanza nelle dinamiche dei rapporti dei suoi personaggi e per altro non puo’ contare nemmeno su un cast di tutto rispetto.

Perfino Louis Garrell, sbruffone, ma simpatico protagonista di “Dreamers” e di molti film di Christoph Honoré, sembra spaesato e cade più volte nel ridicolo nei panni del pittore straricco che non accetta le convenzioni borghesi (!). Per non parlare della Bellucci che in un paio di scene è riuscita a far ridere il pubblico, anche se il suo obbiettivo era leggermente diverso: vedere per credere la scena in cui piange dopo aver visto un topo, roba che neanche Asia Argento nella “Terza madre”.

L’altra coppia costituita dai semisconosciuti Celine Sallette e Jerome Robart se la cava in modo più dignitoso, ma non è niente per cui strapparsi i capelli. Quanto alla sceneggiatura, i dialoghi sono più volte inverosimili, per niente naturali e più volte paiono addirittura fastidiosi, come quando si elogia la civiltà francese, più attiva rispetto a quella italiana: roba che conosciamo bene, ma che non fa piacere sentire da gente così arrogante –e mi riferisco sia agli sceneggiatori che agli attori.

Poi le polemiche su comunismo e borghesia erano vecchie negli anni ’70, figuriamoci adesso.

Personalmente apprezzo il cinema francese, ma qui a parte la musica di John Cale e altri piccoli dettagli c’è ben poco da salvare.

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