Millennium, uomini che odiano le donne: versioni a confronto

OPLEV PRIMA E FINCHER POI, QUALE ADATTAMENTO DEL ROMANZO DI LARSSON È IL MIGLIORE?

Stieg Larsson è autore della trilogia di romanzi polizieschi “Millennium”, pubblicati postumi in Svezia nel 2007. Nel corso del 2009, escono in sala gli adattamenti cinematografici ad opera di Niels Arden Oplev e Daniel Alfredson. A soli due anni di distanza dalle pellicole svedesi, ecco spuntare la versione americana di “Uomini che odiano le donne” ad opera di David Fincher.

A portare il primo romanzo sullo schermo ci sono ben due film, ma qual è stato realizzato nel migliore dei modi? Ci sono diversi punti che vanno considerati se si vuole fare una buona analisi in questo senso.

Il primo non può non essere il confronto tra le due interpreti del ruolo principale, Lisbeth; va detto che non è mai facile incarnare una figura ormai radicata nell’immaginario di milioni di lettori. Noomi Rapace, interprete della versione svedese, ha fatto il possibile per regalarci una Lisbeth “autentica”: forte, dura, arrabbiata, insolita e imperfetta, di cui però ci si può innamorare; Rooney Mara, la protagonista della versione americana, porta sullo schermo una ragazza dal bel viso e con un corpo attraente, aggraziata come una ballerina. Sembra che Fincher (o i suoi produttori) voglia creare un personaggio trendy e glamour, una dark lady che può piacere al grande pubblico. Uno spirito sicuramente diverso da quello di Larsson.

Volendo mettere a confronto le scelte artistiche di Oplev e Fincher, le differenze appaiono evidenti. Trattandosi di un oscuro poliziesco, il regista nordeuropeo adotta una regia nella migliore tradizione classica, capace di evocare l’atmosfera del film di grande respiro, tecnicamente tradizionale e ben fatto; Fincher non è dello stesso avviso e mantiene la posizione presa fin dai tempi di “Fight Club”: stile classico anche questo ma con inserti digitali di dubbio gusto e utilità (e una correzione colore sinceramente invadente). Si nota anche una certa tendenza a rendere più soft alcune vicende: le due scene di maggior violenza (l’aggressione nella metropolitana e l’abuso nella stanza del nuovo tutore) all’interno del romanzo, sono totalmente private della tensione e della durezza che permeano tutta la storia e l’intera vita di Lisbeth.

Due parole vanno spese sulla linea sentimentale, di secondaria importanza nel romanzo e nella versione cinematografica svedese, ma resa stranamente principale nella versione americana. La protagonista che Rapace ha elaborato parla lo stretto necessario e non si lascia mai andare nei confronti del prossimo: Impensabile vederla così evidentemente innamorata, che chiede al proprio amante di uscire.

Si potrebbero citare due titoli “rubati” alla grande tradizione italiana del dopo guerra, “I soliti ignoti” e “Profumo di donna”, ma si tratta solo di gocce in un oceano se si pensa al numero di remake di grandi successi europei che le produzioni americane hanno realizzato. Quello che si critica in questa sede è la sfacciataggine e la convinzione di superiorità che le major statunitensi mostrano nei confronti degli autori (e quindi di tutto lo staff che vi ha lavorato) delle versioni originali cui si rifanno.

Fincher e Mara affermano di non aver mai nemmeno tenuto conto dell’operato di Oplev e Rapace, ispirandosi solamente al romanzo per realizzare qualcosa di nuovo: apprezzabile la voglia di essere originali, fastidiosa la deliberata indifferenza nei confronti del lavoro fatto precedentemente… Molto meglio, per altro.

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