Hesher È stato qui: recensione film

TRIPUDIO DEL NON SENSE DI DIFFICILE CATALOGAZIONE CINEMATOGRAFICA

È difficile catalogare la prima opera alla regia di Spencer Susser, “Hesher è stato qui!”, così ricca di ottimi spunti come di grosse mancanze. L’idea è sicuramente da annoverare tra i pregi. Hesher, metallaro violento e intollerante si insedia in una casa lacerata dal lutto e scuote senza davvero volerlo l’apatia che era scesa sui membri della famiglia. È vero che il tema di qualcuno di destabilizzante in un contesto apparentemente normale è stato abbondamente rivisitato nel corso del tempo ma la totale assenza di prevedibilità del protagonista cambia le carte in tavola.

Da come viene presentato il film si è portati a credere che il metallaro, un duro che nasconde un cuore tenero, prenderà l’orfano tredicenne vittima di soprusi e del tutto dimenticato dal padre sotto la sua ala protettrice e lo aiuterà a combattere, ma non è così. In realtà per la maggior parte del tempo sembra quasi che ad Hesher, interpreto da un irriconoscibile e bravissimo Joseph Gordon-Levitt, non importi assolutamente del dolore e dell’impotenza di chi lo circonda.

Ad ogni gesto che potrebbe essere interpretato d’affetto fa corrispondere una qualche esagerazione grottesca e del tutto inutile che disorienta il piccolo protagonista e il pubblico con lui, senza per altro intravederci una lezione di vita da sfruttare nel futuro. E a poco serve il discorso finale e l’attaccamento tenero e venato di comicità che si sviluppa tra Hesher e la nonna del ragazzo, l’unica che affronta il lutto e cerca di scuotere figlio e nipote distrutti dal dolore e dalla negazione di ciò che è successo.

Le ultime scene in realtà rovinano la sceneggiatura, con il loro tentativo di donare al film una morale buonista e quasi romantica in una storia per certi versi surreale. Dare un senso ai 110 minuti della pellicola è stato l’errore più grave. Perchè vista la totale assenza di senso nella maggior parte delle azioni dei protagonisti sarebbe stato meglio continuare su quella strada. Così quella che sarebbe potuta essere una buona idea appare come una sceneggiatura fragile e non ben strutturata, che tenta di riprendersi nel finale.

Ogni mancanza fortunatamente è alleviata da una buona regia e dalla magistrale bravura del cast, che riesce a mettere in secondo piano ogni ombra. Oltre al già menzionato Gordon-Levitt, lontano anni luce dal protagonista goffo e romantico di “500 Giorni Insieme” che lo ha reso famoso, è da notare il piccolo Devin Brochu, bravissimo nel ruolo del l’orfano TJ, completamente schiacciato da ciò che gli è capitato.

Nonostante la locandina italiana la ritragga in primo piano, Natalie Portman ha un ruolo marginale nella storia, interpretando una cassiera incapace di reagire alle avversità della vita, a cui il piccolo TJ si affezionerà. Un personaggio poco utile ai fini della storia, ostacolo questo che non impedisce all’attrice premio Oscar di donargli una grazia nevrotica piena di fascino.

Tirando le somme, Hesher è stato qui!, è un film dove pregi e difetti si annullano a vicenda regalando un risultato interessante, che sicuramente farà parlare di se al Sundance Festival. 

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