Il richiamo: recensione film

UNA PRODUZIONE ITALIANA ATIPICA CHE MIRA A UN RISCONTRO ESTERO, CON LA RITROVATA SANDRA CECCARELLI

Capita poche volte di assistere in Italia a un film sull’omosessualità femminile per di più sincero come accade nell’opera seconda di Stefano Pasetto, candidato nel 2005 al David di Donatello per la miglior opera prima “Tartarughe sul dorso”. La pellicola non manca di difetti e ingenuità, ma si respira un’aria diversa rispetto ad altri drammi italiani, per un motivo che ora andremo a vedere.

Lucia è un’hostess che non riesce ad avere figli, nonostante gli insistenti tentativi del marito dottore per curarla, e per questo non riesce a rallegrarsi di nulla nella vita. Un giorno, abbandonato il lavoro, decide di riprendere a fare lezioni di piano: è a questo punto che incontra la giovane Lea, di cui lentamente comincia ad innamorarsi.

Se c’è una cosa che stupisce nel cinema italiano è la provincialità di alcune storie, troppo chiuse e ‘intimamente’ nostre per avere un riscontro estero. Quanto a “Il richiamo” si tratta di un caso particolare, essendo una co-produzione italo – argentina con attori di entrambi le nazioni e che sfrutta (non troppo bene a dir la verità) Buenos Aires come luogo di riferimento. Il principale difetto della pellicola è un doppiaggio non particolarmente curato: per le parti in cui le nostre attrici nella versione originale parlano in spagnolo più volte assistiamo a una mancanza di naturalezza da parte delle due, come se questa fosse la loro prima -e fallimentare- esperienza di doppiaggio.

Poi per fortuna in seguito la situazione migliora, soprattutto quando le due interagiscono tra di loro e recitano nella loro lingua d’origine. La pellicola di Pesetto ad ogni modo pur non dando particolari scossoni è un’interessante variazione sul tema dell’adulterio femminile come una fuga dal grigiore quotidiano. Fin dal primo momento in cui vediamo il volto disperato e affascinante di Sandra Ceccarelli, impossibilitata ad avere figli e con un marito alquanto spento emotivamente (nonché bastardo), entriamo subito in empatia con il suo personaggio.

Deliziosamente in parte anche Francesca Inaudi, appassionata e ribelle, eppure confusa sul tragitto da prendere col compagno ancora fannullone e infantile. I maschi del film infatti non brillano né per simpatia, né per carisma e le loro interpretazioni sembrano piuttosto basarsi su luoghi comuni. La messinscena di Pesetto invece funziona bene nella sua asciuttezza e nella sua semplicità e riesce bene a introdurci nella dimensione affranta della protagonista.

Pur con i suoi difetti dunque “Il richiamo” si presenta come un esempio da seguire per il cinema italiano. Come in passato andrebbero ripresi i contatti con l’Estero per iniziare co-produzioni da mandare in quanti più festival. Di fatti questo lavoro passato a Toronto e vincitore del Premio del Pubblico a Nantes, potrebbe segnare l’inizio di un nuovo periodo per il cinema italiano. Sperando che attraverso questi mezzi si possa giungere a film dalle tematiche universali, ben recitati, che lascino il segno dopo la proiezione. Come questo. 

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