La fuga di martha: recensione

PREMIATO AL SUNDANCE, ESCE IL 25 IL FILM CHE RACCONTA DI UNA RAGAZZA ALLA RICERCA DEL PROPRIO POSTO NEL MONDO

“Noi tutti vogliamo appartenere, essere parte di qualcosa, sentire che contribuiamo in qualche modo al gruppo”. In queste parole del regista Sean Durkin, si riassume tutta la storia e la carica emotiva del suo ultimo film, “La Fuga di Martha.”

Perchè infondo ciò che ha mosso la protagonista Martha ad entrare a far parte di una setta violenta e misogina guidata dal carismatico Patrick e poi a fuggirne per ritornare dalla sorella è il desiderio di sentirsi parte di qualcosa, di “avere un ruolo nella propria famiglia”. Un desiderio però che non potrà mai essere soddisfatto visto le profonde ferite che l’esperienza ha inciso nell’anima della giovane protagonista. Sean Durkin trasporta brillantemente sulla pellicola il dramma di una ragazza che non troverà mai il proprio posto.

Troppo consapevole degli orrori messi in atto dalla setta, raccontati mediante l’espediente di flashback sempre più incalzanti, per poter continuare la sua esperienza, troppo cambiata per poter tornare alla vita precedente e ricominciare a comportarsi secondo le convenzioni normali, Martha si trova in un limbo di sofferenza e paranoie, dove la realtà si mescola troppo facilmente alla paura e ai ricordi, non permettendole di andare avanti o di confessare la realtà alla sorella, sempre più confusa e disperata.

E il pregio migliore nel lavoro del regista è proprio nella resa del rapporto difficile tra le due sorelle. Fin da subito il disagio che le due provano nel ritrovarsi una di fronte all’altra, così diverse da quando si erano allontanate anni prima, si infila sotto alla pelle dello spettatore, che non può fare a meno di provarlo a sua volta, in un misto di ansia e incompresione che lascia inquieti per tutta la durata della pellicola.

Tutto ciò non sarebbe possibile senza la grande bravura delle due attrici protagoniste, specialmente della giovane Elizabeth Olsen, sorella delle più famose Ashley e Mary Kate, che ha regalato una performance incredibile, fatta di lunghi e strazianti sguardi e parole a metà, tutto profuso di un’incredibile energia che strega chi la guarda.

Premiato al Sundance, sicuramente non è un film privo di difetti e scelte difficili, come quella di non raccontare o spiegare niente in più di quello che provano e vivono i personaggi, lasciando molto spesso interdetti, ma nel complesso merita, anche solo per la scelta di raccontare una realtà purtroppo non lontana da noi e drammaticamente attuale.

 

 

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