Bernie: recensione film

DAGLI “CHAMPS ELYSEES”, UNA COMMEDIA NERA BRILLANTE CON UN INEDITO JACK BLACK

Ridere di argomenti difficili come l’omicidio e i dilemmi morali che ne seguono puo’ capitare solo in film ben ancorati alla realtà, dove la cura per le battute si affianca a una caratterizzazione dei personaggi basata su chi ha affrontato esperienze del genere nella realtà. Richard Linklater, uno dei pochi grandi autori del cinema indipendente di oggi, uno che ha saputo spaziare dal mainstream di “School of Rock” alle raffinatezze di “A Scanner Darkly” e “Dazed and confused” (ovvero degli autentici cult per chi scrive), si cimenta ora con una storia atipica, ispirata a un fatto di cronaca che porta lo spettatore a porsi diversi interrogativi all’uscita dalla sala.

Bernie è uno dei più fedeli cattolici a Carthage, Texas e gode di un’ottima reputazione presso tutti i suoi concittadini. Grassoccio, tranquillo, segretamente omosessuale e particolarmente maniacale in ogni sua attività, lavora presso le pompe funebri occupandosi, tra le varie cose, di curare l’aspetto estetico dei morti rendendoli nel miglior modo possibile al loro funerali. Un giorno fa la conoscenza della vedova di uno degli anziani che ‘passa per le sue mani’ e lentamente inizia a entrare nelle sue grazie, diventandone un amico intimo, ma anche un oggetto entrato nel suo dominio, in quanto l’anziana donna è a conti fatti un’arpia possessiva che ha saputo conquistarsi le inimicizie di tutti quelli che le stanno vicina, famiglia compresa. Bernie, religioso esemplare fino a ieri, si vedrà costretto ad ucciderla per tornare libero. Ma per quanto?

Come molte serie tv di quest’ultimo decennio (“Office” compreso”) “Bernie” inizia come un ‘mockumentary’ dove vengono messe in scena interviste a personaggi fittizi che ricordano il protagonista e le vicende a lui legate. Iniziamo a entrare nella storia attraverso un punto di vista esterno che è ‘la voce del popolo’, ma riusciamo anche a trovare battute per cui ridere di gusto, anche se non a crepapelle. Poi entra in scena lui, Jack Black, mai così sotto le righe e contenuto come in questo film. Chi si aspetterà gli estri di “Tenacious D”, rimarrà deluso, ma non per questo la performance dell’attore californiano è da sottovalutare.

Basti pensare all’inizio in cui di fronte a una classe universitaria porta un cadavere che comincia a truccare con nonchalance, in quella che sembra una parodia spietata del film giapponese “Departures” che girava proprio attorno a questo tema. Pian piano la cattiveria delle prime scene si spegne, ma il film continua a brillare e nella seconda parte in cui viene illustrato il processo la pellicola non ha niente da invidiare agli ambiziosi adattamenti di Grisham e simili. Merito anche dei duetti tra Black e McConaughey, con quest’ultimo che si è affermato come attore Serio fin dalla presentazione a Venezia dell’ultimo Friedkin, “Killer Joe”, misteriosamente ancora inedito da noi. L’attore di “Contact” qui si presenta come autentico ‘villain’ del film, anche se rappresenta la giustizia nel bene e nel male. Il suo personaggio è disposto fin da subito a mettere in carcere il povero Bernie, che comunque ha dalla sua quasi tutta la città, disposta a comprenderlo anche quando è spinto all’omicidio.

Prodotto insolito questo “Bernie”. Non è affatto una commedia scacciapensieri, ma riesce a parlare di tematiche serie in modo garbato e con brio, come facevano certe commedie d’altri tempi, con lo spirito dei Coen, ma più addolciti. Non sarà un capolavoro, ma “Bernie” convince e conferma l’ispirazione di Linklater, come narratore di qualità e come ottimo direttore d’attori.  Anche qui non perdetevi i titoli di coda, notevolissimi. 

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