Take shelter: recensione

L’ARRIVO DELL’APOCALISSE: PARANOIA O REALTA’ PER MICHAEL SHANNON?

Ci sono pochi film che sanno prenderti alla gola e infine scuoterti dentro, per lasciarti poi un certo senso di disagio all’uscita della sala. Take Shelter, opera numero 2 di Jeff Nichols – dopo l’inedito Shotgun Stories– si configura in questo senso, facendo leva sia su paure ancestrali come la paura dell’apocalisse sia su tematiche che fanno parte della vita di tutti i giorni.

Curtis LaForche è un operaio con una bellissima moglie e una figlia sordomuta che vive come un uomo rispettabile nella cittadina di Elyria, Ohio. Tuttavia delle visioni agghiaccianti fanno capolino nei suoi sogni, scene di piogge dal colore minaccioso e di stormi che si abbattono su di lui e sua figlia e lentamente la sua credibilità di fronte al resto della comunità viene meno. Curtis a questo punto si convince a costruire un rifugio sotto terra nel caso che qualcosa di minaccioso si abbatta sulla cittadina e forse sul mondo. Ma allo stesso tempo si dovrà confrontare col suo passato e con il fatto che la madre è stata afflitta da una schizofrenia paranoide. E se fosse toccata anche a lui la stessa sorte?

Chi conosce Michael Shannon, star della pellicola, sa che è uno dei grandi outsider di Hollywood. Oltre ad aver lavorato con autori del calibro di Sam Mendes, Friedkin e Herzog, è anche uno dei volti fissi della serie Boardwalk Empire e sarà il cattivo dell’atteso Superman: Man Of Steel, targato Zack Snyder. Personaggi fuori dall’ordinario e reazioni al limite sono all’ordine del giorno per l’attore candidato all’Oscar e il personaggio di Curtis LaForche non fa eccezione, anche se tutto sommato noi spettatori siamo sempre dalla sua parte. In cabina di regia Nichols si presenta come un maestro della macchina da presa che con poche grandi intuizioni sa come creare la tensione: una scena in macchina sotto la pioggia in particolare riesce a renderla degna di un film di zombie di Romero per la suspence che riesce a suscitare. Ma il film va oltre le atmosfere che propone. In fondo Take Shelter non è altro che la storia di un padre che mette in discussione la propria autorità di padre ed è lì che scoppia la crisi.

Sembra domandarsi: ho una moglie bellissima e una figlia sordomuta molto più reattiva di quante la circondano a scuola, ma sono in grado di dar loro la protezione che meritano? Shannon è l’uomo comune alle prese con un disagio esistenziale e anche se la sua situazione è esagerata molti padri in difficoltà si troveranno in perfetta empatia col suo personaggio. Una splendida Jessica Chastain gli fa da spalla e come moglie di un marito in difficoltà riesce a essere ben in parte, offrendo pure lei qualche scossone di tanto in tanto: nella scena del sogno sa essere inquietante come una delle “femmes fatales” di lynchana memoria. Ma se dovessimo cercare un corrispettivo filmico a Take Shelter sarebbe Donnie Darko per la paura dell’apocalisse e il malessere esistenziale in comune tra i due protagonisti e certo free-cinema inglese per la rappresentazione del contesto lavorativo del protagonista. Come rappresentazione della follia quest’anno c’è stato anche il recente La fuga di Martha, ma in confronto a questo, l’opera prima di Sean Durkin sembrava un mero esercizio di stile, nonostante la bravura della protagonista.

In questo periodo in cui ci si sente afflitti dalla calura estiva, un’opera così riuscita e che ci sa tenere incollati alla poltrona con così poco ha proprio bisogno di visibilità. Siamo lontani dall’ombra di certo cinema convenzionale hollywoodiano: si spera che il cinema indipendente statunitense possa guardare come esempio alla freschezza del secondo film di Nichols, per emozionarci e farci uscire dalla sala con qualche interrogativo e con un brivido lungo la schiena ancora presente. 

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