La congiura della pietra nera: recensione

UN RITORNO IN FORMA PER JOHN WOO CHE DIRIGE INSIEME A CHAO-BIN SU

GENERE: WUXIAPAN

USCITA: 03.08.2012

John Woo è senz’altro uno di quei registi che negli ultimi trent’anni hanno segnato la storia del cinema d’azione, soprattutto quando in Cina realizzava pellicole come Hard Boiled e quello che da molti è considerato il suo capolavoro, The Killer. Negli USA ha alternato pellicole di un certo pregio come Face/Off a manifesti patriottici a stelle e strisce dal gusto kitsch (Windtalkers). Ora il ritorno in patria per il regista cinese sarà stata un’occasione per ritrovare l’ispirazione, ma il fatto che per La congiura della pietra nera Woo abbia soltanto ‘co-diretto’ e prodotto la pellicola indica anche un atto di umiltà da parte dell’autore di Guangzhou, come se questi fosse alla ricerca di un suo possibile erede: in questo caso la scelta è caduta sul giovane e promettente Chao-Bin Su.

La storia è alquanto bizzarra e intrigante. Nella Cina del 1200 una setta potente, La pietra nera, è da tempo alla ricerca della salma di un monaco che secondo alcuni, se completa, potrebbe portare al dominio assoluto sulle arti marziali. Xi Yu una delle adepte più fedeli, nonché una delle killer più abili di questo gruppo, un giorno in seguito a un trauma decide di abbandonare questa vita nascondendosi sotto nuove spoglie e infine sposandosi. Ma tragiche sorprese sono in agguato…

Bisognerebbe fare un plauso alla Tucker Films che da pochi anni si sta occupando della distribuzione in sala di alcuni film asiatici riuscendo anche a incontrare i favori di un certo pubblico. Finalmente, a due anni dalla sua presentazione veneziana, la piccola casa di distribuzione ha deciso di far uscire anche questo wuxiapan che per la sua bizzarria ricorda per certi versi il Detective Dee visto l’anno scorso, pur senza i colpi di genio che la pellicola di Tsui Hark presentava, soprattutto nella seconda parte. Il film di Woo e Su è appassionante e presenta alcuni duelli tra i migliori visti negli ultimi anni e alcune scelte stilistiche – un’elegante variazione sul ‘freeze frame’ con cui vengono presentati i personaggi all’inizio ad esempio – sicuramente da brividi.

Fanno storcere il naso alcuni passaggi narrativi che vengono sbrigati troppo in fretta – le autorità dello Stato a parte una fugace apparizione sembrano inesistenti – e un doppiaggio che ancora una volta appiattisce il dramma che vivono i personaggi, con voci da pomeriggio di Canale 5, l’incubo per antonomasia. Colpiscono invece certe scelte che sembrano provenire dal cinema fantastico e qualche veleno di shakespeariana memoria.

Ovviamente parlando di un film del genere non si puo’ dimenticare la splendida Michelle Yeoh, già a suo tempo protagonista de La tigre e il dragone, che continua a tirare calci e a tratteggiare in Zheng-Jin, ex Xi Yu, uno dei personaggi migliori che il cinema cinese ci ha offerto di recente. A livello stilistico il tocco di Woo è percepibile solo a tratti, come nello scontro tra i quattro cattivi e la protagonista sotto le mura della capitale e nell’epico finale, ma non si possono sempre aspettare colombe che volano al ralenti come da tradizione ‘wooiana’, anche perché nel 2012 sembrerebbe un minimo anacronistico. Per valutare in che stato è attualmente il regista sessantaseienne occorrerà aspettare l’anno prossimo, quando uscirà Love and let love, perché La congiura della pietra nera (in inglese Reign of assassins) è un film suo al 50%. In ogni caso anche così andrà bene sia per i fan di vecchia data sia per i nuovi adepti che troveranno in questa pellicola un buon punto di partenza per riscoprire uno degli autori più preziosi del cinema orientale.

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