Elvis & the knightriders: john carpenter vs. george a. romero

DUE DIVERSE ICONE DEL CINEMA HORROR CON LE LORO PERLE SEMI-SCONOSCIUTE 

Sono indubbiamente due maestri. Volenti o nolenti dobbiamo ammettere che le loro pellicole hanno fatto la storia del cinema. Sono stati copiati e citati, fonte d’ispirazione e di critiche. Controversi e geniali, sempre e a tutti i costi, non hanno mai ceduto alle lusinghe delle grandi produzioni, riuscendo a mantenere vivide le loro idee anche a discapito di incassi da capogiro e fama. 

John Carpenter e George Romero hanno viaggiato per decenni sulla lunga strada dell’ fantahorror, insegnando ai loro colleghi che sono le idee la spina dorsale di un film, non il budget. Eppure i due registi, nella loro lunga carriera sempre ai margini, non si sono accontentati di questo: a cavallo del 1980 presentano due pellicole, rimaste pressoché sconosciute, assolutamente fuori dai loro schemi, per genere e tematiche, ma comunque di alta e particolarissima qualità.

 

1. ELVIS, di John Carpenter del 1979.

Dopo soli due anni dalla morte del Re del Rock, Carpenter presenta il suo personale omaggio ad una delle icone più rivoluzionarie del secolo, mettendo in scena un biopic dall’infanzia fino agli anni ’70, inizio del declino artistico di Elvis. La bravura del regista sta nel focalizzare l’attenzione soprattutto sull’uomo, sulla personalità del musicista e non sul personaggio mediatico, conosciuto in tutto il globo. E’ l’allora sconosciuto Kurt Russel a prestare il volto (ma non la voce che è di Ronnie McDowell) al Re, in quella che sarà la prima di una lunga collaborazione artistica tra l’attore e il regista.

“L’altra faccia” di Elvis è quella di un bambino emarginato che passa le sue giornate da solo a suonare la chitarra. Diverso e con uno stile troppo particolare per essere accettato, una volta cresciuto, diviene un uomo malinconico e sentimentale, molto attaccato alla famiglia, alla madre e che vive con il perenne ricordo del fratello gemello morto alla nascita. Tutto questo è in forte contrapposizione rispetto all’ideale mediatico del Re, fatto di rock’n roll, frange, folle in delirio ed eccessi.

E saranno proprio questi eccessi, il divorzio, lo straordinario peso, l’abuso di psicofarmaci e la morte della madre a spingere Elvis in una spirale negativa che lo porterà al declino artistico, prima, e al fatale infarto, poi. Carpenter, però, sceglie di non mostrare tutto questo: di fatto Elvis ha rivoluzionato il mondo della musica, miscelando generi diversi e creandone di nuovi. Solo questo importa. Di fronte alla sua straordinaria vita, gli ultimi penosi anni impallidiscono e sembrano quasi uno stupido gossip di cui si può (e si deve) fare decisamente a meno.

 

 2. THE KNIGHTRIDERS, di GEORGE ROMERO del 1981.

Romero, per la prima volta, dirige un film completamente al di fuori dal genere horror e sceglie la storia, metaforica, di Billy, capo di una banda di motociclisti. Tutti i componenti del gruppo seguono, senza remore, il sogno del loro leader: vivere liberi secondo le regole d’onore cavalleresco tipiche dei cavalieri della tavola rotonda. Così i bikers, con tanto di armature luccicanti ed elmi di ferro, girano gli Stati Uniti, esibendosi nelle fiere locali con giostre e spettacoli.

Il novello Re Artù, interpretato dal giovanissimo Ed Harris, si batte ogni singolo giorno per mantenere la purezza degli animi e evitare che si contaminino del venale desiderio di fama e denaro che infetta il mondo. Le cose cominceranno ad andare per il verso sbagliato quando Morgan, attratto dalle lusinghe del mondo dello spettacolo, sfida Billy a duello per impossessarsi della corona.  

La pellicola ricalca i miti e le leggende legate alla tavola rotonda ed si rivela una magnifica e potente allegoria sullo show business. Gli ideali, quasi anarchici, di Billy sono solo un’utopica quanto inverosimile via per adottare uno stile di vita puro e libero. La triste ma inevitabile realtà è che non sono più le idee a muovere gli uomini, ma il denaro la gratifica personale ed individuale. Nonostante ciò, la critica del regista non è per forza negativa, ma realista e velata di malinconia, di rimpianto.

Il denaro non è il demonio e Romero non lo disprezza platealmente ma mostra, alla sua maniera, come è spesso usato per corrompere gli animi e generare battaglie insensate e inutili. 

(27 ottobre 2012)

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