Intervista a luca murri

IL GIOVANE REGISTA ARRIVATO NELLE FINALI DEL DAVID DI DONATELLO CI PARLA DEL SUO CORTOMETRAGGIO «CIERRESSE»

Tra gli aspiranti cineasti di domani c’è un giovane pieno di volontà e grinta, che a vederlo non si direbbe, ma a conoscerlo ha qualcosa di folle e geniale che ci porta a distinguerlo dalle ondate di intellettuali perennemente con gli occhiali da sole che parlano a bassa voce e che affollano il panorama dei possibili futuri registi. Luca Murri, regista di Cierresse, è finito tra i finalisti del David di Donatello e pur non arrivando nella cinquina finale ha riscosso un piccolo successo tra i cortometraggi visibili nel web, tanto da diventare un piccolo fenomeno di culto tra quelli della sua generazione.

Durante l’intervista, il sottoscritto è stato letteralmente travolto da un fiume di parole, come a testimoniare la grinta di questo ventiquattrenne che ha molto da dire e ha già le idee chiare su dove vuole arrivare.

PARLACI DEL TUO PROGETTO: COM’È NATO CIERRESSE?

Il film nasce come corto partecipante al 48 hours film project, festival che richiede dei cortometraggi realizzati nell’arco di soli due giorni. Noi avevamo ricevuto un genere che era quello dei ‘supereroi’ a cui dovevamo aggiungere altre linee-guida: un cappello da babbo natale come oggetto di scena, una linea di dialogo ovvero “Questo è un treno che non va’ perso” e un personaggio di nome Nicola Pianta che fa il cuoco. Sulla base di questi quattro assi dovevamo scrivere, realizzare e montare un cortometraggio nell’arco di questo lasso di tempo estremamente ridotto. Mi sono ritrovato dunque con questi miei amici dell’Old Style Group, una casa indipendente di produzione cinematografica low-budget, costituita da amici che frequentavano con me il corso Cine & TV. Abbiamo raccattato le nostre conoscenze reciproche per gli attori e la scenografia e abbiamo costituito una troupe completa. Un sabato dopo una notte passata in bianco non avevamo ancora una storia, anzi probabilmente avremmo fatto un corto totalmente diverso su tre supereroi che giocano una partita a carte per vincere un’identità normale. Successivamente dopo un intenso ‘brain-storming’ con tutti i membri della troupe abbiamo avuto questa suggestione del supereroe come ‘pazzo’. In fondo la particolarità del supereroe è che è costretto a essere migliore degli altri e chi è più costretto a essere migliore degli altri di qualcuno che ha delle difficoltà come la malattia mentale? Da questa suggestione abbiamo creato quello che poi è diventato Cierreesse.

COME HA PROSEGUITO IL SUO PERCORSO IL VOSTRO CORTOMETRAGGIO? SO CHE HA AVUTO UNA CERTA FORTUNA…

Cierresse è nato sotto una buona stella perché già al festival avevamo vinto il Premio del Pubblico, raccogliendo una votazione estremamente elevata. Avevamo un buon prodotto con un’anima, anche se con delle limitazioni visive. Non avendo le possibilità tecniche a livello di tempistica e questa suggestione dell’anarchia mentale, abbiamo deciso di fare una cosa non banale, ma che ci ha fatto uscire un po’ dal genere e forse ciò ci ha penalizzato di fronte alla giuria ufficiale. Non è proprio un corto di supereroi, ma usa questo tema per dire qualcos’altro. Da lì ci siamo rimboccati le maniche e ci siamo improvvisati anche come ufficio stampa: abbiamo iniziato a contattare vari siti di cinema, ci sono state recensioni e interviste e questo ha creato un interesse per il prodotto. Ci siamo pure ritrovati su un blog portoghese che ogni anno all’Auditorium di Porto fa un festival e a sorpresa abbiamo ricevuto varie nomination tra cui quella per Miglior Corto e Miglior Sceneggiatura: abbiamo preso il primo premio, quello per gli attori e ancora una volta quello del pubblico. Siamo stati in Concorso al Fantafestival e siamo finiti tra i 50 cortometraggi finalisti per il David di Donatello. Siamo ora anche tra i finalisti per il concorso web Cinema Click. Ha fatto quindi un grosso giro. Anche persone vicine al tema hanno reagito bene alla visione e uno psicanalista ci ha detto che avevamo toccato in maniera sincera e delicata il tema della disabilità mentale. Ciò di cui volevamo parlare nel nostro corto era anche il tema della libertà: volevamo trattare una situazione paradossale in cui si è liberi di essere chiunque si voglia, ma non si è liberi di uscire.

SONO ACCADUTI DEGLI ANEDDOTI DIVERTENTI SUL SET?

Sul set è successo di tutto. Un set dove non dormi, mangi male… Intanto ci mancava l’aiuto regista e l’ha fatto effettivamente il fonico Matteo Carnesecchi, forse il primo caso in assoluto: è stato bravissimo, pur in una situazione atipica. L’attore protagonista, Lorenzo, il super-cuoco, a un certo punto si è addormentato, ma noi l’abbiamo svegliato e subito con uno scatto animalesco era già pronto a recitare.  Poi, non ricordo… Ah, abbiamo rischiato di morire! Per consegnare il corto, partivamo da Ponte Galeria e dovevamo arrivare dietro al Colosseo. Il dvd è stato ‘tostato’ alle 18:02 e il tempo limite per la consegna era 18:30. Ci siamo ritrovati in una situazione simile all’inizio di Drive, con il direttore della fotografia Alfonso Cipolla, grande guidatore, che nel traffico è andato velocissimo e io ho pensato seriamente che quelli sarebbero stati i miei ultimi istanti di vita. Però in un contesto del genere sono tante le cose divertenti che capitano.

CI SONO DELLE REFERENZE PARTICOLARI NEL VOSTRO LAVORO?

Quando siamo partiti per questo progetto sicuramente avevo due esempi chiari in testa: uno, che avevo ben fresco nella mente, è stato Si puo’ fare  di Giulio Mandredonia che è riuscito a trattare il tema della malattia mentale fuori e dentro gli istituti in maniera, a mio parere, quasi impeccabile. Un altro riferimento che avevo è sicuramente Qualcuno volò nel nido del cuculo, un capolavoro che aiuta a comprendere chi ha una malattia mentale, che non è poi così distante da noi. Riguardo il tema dei supereroi, devo dire che non sono un fan del genere, a parte Batman che ritengo una cosa a parte. Tuttavia è stato importante conoscere i vari personaggi e i loro poteri: sapere che Magneto potesse perdere i super-poteri così da non poter più alzare le forchette con la forza del pensiero era fondamentale per noi sceneggiatori. Poi va’ detto che anche lo stesso direttore della fotografia era Hulk ai nostri occhi e di fatti abbiamo scelto lui per il ruolo.

OLTRE A ESSERE REGISTA, SEI STATO ANCHE ASSISTENTE AL MONTAGGIO SU VARI PROGETTI TRA CUI TERRAMATTA PROIETTATO A VENEZIA. SPIEGACI IL TUO RUOLO IN QUESTO FILM

L’assistente al montaggio è un lavoro ignorato, quanto veramente centrale nella post-produzione. In pratica sei il ‘gancio’ tra il montatore, il regista, che lavorano quasi sempre insieme, e la produzione: in un certo modo sei il filtro tra i tre. A mio parere, ricoprendo questo ruolo, impari tantissimo delle difficoltà di ognuno. Ti accorgi che il lavoro di un buon regista al montaggio è enorme, come peso intellettuale. Poi non è che mi senta un grandissimo assistente, ma sento comunque il bisogno anche in questo caso di mettermi in gioco. Ti metti alla prova volenterosamente scoprendo ogni giorno cose utili per il futuro: magari non conosco tutti i trucchi tecnici, ma almeno quelli che mi servono li conosco bene. Nel caso di Terramatta raccontare il dattiloscritto di un analfabeta che racconta la storia d’Italia –sgrammaticata- al cinema era una sfida e a mio parere la regista Costanza Quatriglio ha condotto il tutto in maniera straordinaria. Continuo a lavorare come assistente al montaggio perché la trovo una lezione continua che mi permette di scoprire sempre qualcosa di più sui reparti di montaggio, regia e produzione.

PROGETTI PER IL FUTURO?

Ho un progetto grosso che dovrebbe vedere la luce nel 2013. Si tratta di un cortometraggio grande  fatto con i mezzi con cui andrebbe fatto, su cui non mi voglio dilungare per scaramanzia. Poi ho un progetto di regia a teatro prevista per il 2013: vorrei trasporre Cierresse anche se il passaggio da cortometraggio a lunga piéce teatrale comporta vari problemi. Vorrei creare ancora qualcosa di delicato che faccia sorridere e al momento stesso riflettere. Vorrei poi realizzare un documentario, Il giorno serale, in cui affronto quel mondo in cui sono passato anch’io dei corsi serali per studenti di cinema, dove trovi i personaggi più vari: dal diciottenne con figlio che lavora il pomeriggio in metro e sogna di fare qualcosa di più grosso al sessantenne andato in India che vuole dare un nuovo taglio alla propria vita. Ecco, si qualcosa di questo tipo, anche se sembra molto difficile al momento.

(7 ottobre 2012)

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