Oltre le colline: recensione film

AMORE, FEDE, SOLITUDINE NELL’ULTIMO COINVOLGENTE FILM DEL REGISTA ROMENO

GENERE: Drammatico

DATA DI USCITA: 31 ottobre 2012

Cristian Mungiu non è un veterano del cinema, ha scritto e girato tre film dal 2002 a oggi ma tutti molto interessanti (ricordiamo soprattutto 4 mesi, 3 settimane e 2 gironi) e chiaramente frutto di un lungo lavoro sul contenuto e un’ottima preparazione sulla forma. Oltre le colline è il suo ultimo lavoro, emozionante, longevo e complesso, capace di toccare gli animi attraverso tematiche universali come l’amore e la religione, ma anche il senso di colpa e il bisogno di non sentirsi soli.

Alina (Cristina Flutur) e Voichita (Cosmina Stratan) sono cresciute in un orfanotrofio in Romania, hanno passato quasi tutta la loro vita insieme e col tempo si sono innamorate. A venticinque anni, le loro vite si separano: una va a lavorare in Germania dove guadagna bene, l’altra diventa suora presso un monastero non lontano dall’istituto in cui hanno vissuto. Alina però non riesce a stare senza la donna che ama e decide di andare a prenderla e portarla con sé, ma il cuore di Voichita è ora occupato dalla presenza di Dio.

Per quasi tutta la durata del film, la vicenda si svolgee nel monastero. L’ambiente, malgrado l’aperta campagna intorno, risulta scuro e dai colori sbiaditi: una perfetta espressione della vita che le suore conducono al suo interno, merito di un direttore di fotografia, Oleg Mutu. La vita che Voichita conduce è fatta di regole ferree e di rigore assoluto; è stata una sua scelta e credere in Dio la aiuta e dà un senso alla sua vita. Alina, pur non accettando tutto questo, entra comunque nel monastero per stare il più vicino possibile all’unica gioia della sua vita.

Alla base del film di Mungiu c’è evidentemente la solitudine: le due protagoniste sono l’una la famiglia dell’altra; non hanno nessun altro e cercano un posto dove stare bene, dove sentirsi a casa. Alina lo trova in Germania e pensa di portarci anche Voichita che, invece, per vincere la lontananza temporanea dalla sua amata, decide di rinchiudersi in un luogo dove ha delle “sorelle” e persino una “mamma” e un “papà”, come chiama il sacerdote del monastero e la suora più anziana. La giovane devota compie questa scelta evidentemente per avere punti fermi, seppur estremi e limitanti.

Mungiu sa comunicare con il linguaggio del cinema come farebbe con le parole un bravo oratore: ciò che l’autore vuole dirci è chiaro, ma molte di queste idee sono espresse attraverso trovate registiche e finezze tecniche che sfiorano la genialità. Oltre le colline è un film incredibilmente complesso, pieno di sfumature, in cui niente è stereotipato o scontato. I personaggi sono delineati a tutto tondo, hanno mille risvolti caratteriali e con lo scorrere della pellicola ci accorgiamo quante contraddizioni li animano. Grazie a personaggi così vivi, così umani, e a un uso sapiente dei mezzi della settima arte, veniamo investiti da un carico di emozioni e sensazioni (tra  cui tensione – raggiunta in totale assegna di commento musicale – e sgomento) senza pari: crescono fin dall’inizio per poi esplodere con le sequenze finali, tra le più intense che si possano immaginare.

Il film è lungo, forse troppo, ma il tempo materiale che il racconto impiega per costruirsi diventa fondamentale una volta arrivati alla conclusione della vicenda. La storia d’amore s’intreccia perfettamente con la spiritualità e il tema della religione ortodossa e bigotta; nessuno dei due argomenti sembra prevalere sull’altro, sono quasi complementari e, in effetti, sono entrambi utili a scatenare le emozioni, sono indispensabili per toccare nel profondo il cuore di chi guarda.

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