Sbatti bellocchio in sesta pagina: una raccolta di recensioni degli anni 70’

QUANDO IN NOME DELLA RIVOLUZIONE SI AMAVA O SI ODIAVA, ANCHE IL CINEMA

Sbatti Bellocchio in sesta pagina: no, non è un consiglio ma il titolo dell’antologia scritta a quattro mani da Steve della Casa e Paolo Manelli edita da Donzelli e arricchita da una prefazione di Marino Sinibaldi che dal 31 ottobre sarà in tutte le librerie. Il volume raccoglie una serie di recensioni scritte nell’arco di tempo che va dal 1968 al 1976 epoca in cui il mondo del cinema non era al centro della lotta di classe, dei cortei, della rivoluzione mai arrivata ma voluta mai come in quell’epoca. Epoca in cui la settima arte non era al centro dell’interesse di alcuni giornali che affiancavano la sinistra estrema.

Di questa antologia ciò che risulta interessante è vedere che al centro di ogni recensione vi è una domanda di base: il film in questione perora la causa oppure risulta un prodotto tipicamente borghese? Ed ecco che in virtù di questo dilemma vengono stroncati film del calibro di Novecento di Bernardo Bertolucci che Lotta continua definì “propaganda l’ideologia del compromesso storico non a caso è sostenuto concordemente dal Pci e dalla borghesia estetizzante tardo-capitalista, dalla Rai e insieme dai quotidiani revisionisti.” Ma non solo le pellicole nostrane sono state distrutte in nome della causa anche Spielberg con il suo Sugarland express viene ghigliottinato attraverso un retorico quesito “cosa si può chiedere in positivo a un prodotto della cinematografia borghese? Cosa aspettarsi di valido, dando per scontato il fatto che, per definizione, non nasce da un terreno e da un presupposto rivoluzionario proletario?”.

Per fortuna però questa antologia raccoglie anche articoli che entrano nel merito del film e così leggiamo un giovane Umberto Eco, che all’epoca si firmava Dedalus, che difende Toro seduto in quanto “ogni film può diventare occasione di un discorso politico.”

Fanno quasi tenerezza questi articoli che sembrano lontani anni luce dalla libertà che si ha oggi criticare un film ma che sottolineano come il mondo sia cambiato e come, purtroppo da una parte e per fortuna da un’altra, l’autonomia del pensiero non sia più legata a forti ideali che affondano i loro tentacoli in qualsiasi sfaccettatura della vita. Nessuno più penserebbe mai di citare Mao in una recensione. Nessuno più scriverebbe “bisogna far sì che la letteratura e l’arte entrino a far parte integrante dell’intero meccanismo della rivoluzione, operino come un’arma potente per unire e educare il popolo a combattere come un sol uomo contro il nemico.” Perché, purtroppo, oggi il nemico ci ha sconfitti.

(29 ottobre 2012)

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