30 tff – arthur newman: recensione film

INSCENARE LA PROPRIA MORTE, PER TENTARE DI VIVERE UNA NUOVA ESISTENZA

Opera prima del regista Dante Ariola, Arthur Newman (passato già al Toronto International Film Festival) partecipa in Concorso al 30 Torino Film Festival. Il film racconta la storia di un uomo fondamentalmente insoddisfatto della propria vita: è divorziato, ha un figlio adolescente che non vuole avere rapporti con lui, tanto che l’uomo si sente solo al mondo. Per sfuggire alla sua misera esistenza decide di inscenare la sua morte, cambiando vita all’improvviso e creandosi una nuova identità, convinto di trovare così la propria felicità. Decide quindi di comprare una nuova identità, trasformandosi in Arthur Newman, un giocatore di golf. La vita ha però in serbo per lui un altro destino e l’incontro con una ragazza, con fin troppi problemi, avrà un effetto devastante sul resto della narrazione.

Dante Ariola con Arthur Newman racconta al suo spettatore una storia che tutti almeno una volta nella vita abbiamo avuto il desidero di vivere. Si tratta di un racconto amaro a tratti pietoso, sulla condizione umana e la difficoltà di costruire dei rapporti con altri essere umani, non scadendo mai però nel retorico, come ci si potrebbe aspettare. Arthur Newman è insomma l’emblema esistenziale di un uomo moderno, a cui vengono a mancare tutte le certezze: soldi, amore, famiglia. C’è da sottolineare anche che a tratti il racconto è assolutamente divertito nel mostrare quello che dovrebbe essere il riscatto in società di un uomo ha alle già sulle spalle una carriera fallita, un matrimonio fallito e una paternità inesistente. Ottime le interpretazioni del premio Oscar Colin Firth e di Emily Blunt, che aggiungono qualcosa di più ad un buon film, che permette anche di aspettarsi qualcosa di interessante nel futuro da questo regista, ancora sconosciuto.  

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