Venuto al mondo: recensione film

DOPO “NON TI MUOVERE” IL SECONDO FILM DI SERGIO CASTELLITTO TRATTO DA UN ROMANZO DI MARGARET MAZZANTINI

GENERE: drammatico

DATA DI USCITA: 8 novembre 2012

“La maternità non è un dovere morale. Non è nemmeno un fatto biologico. È una scelta cosciente.” scriveva Oriana Fallaci nel suo capolavoro Lettera a un bambino mai nato. Ed è sicuramente molto più che cosciente la scelta di volere un figlio per Gemma (Penelope Cruz), protagonista della seconda pellicola girata da Sergio Castellitto, Venuto al mondo, ispirata a un omonimo romanzo della moglie, Margareth Mazzantini, sceneggiato, ancora una volta dopo Non ti Muovere, dalla coppia. Quello di Gemma è un desiderio forte che, come molti desideri, ha uno scopo ben preciso: tenere accanto a lei Diego, il suo amore.

Venuto al mondo è un film complesso, un lungo flashback che la protagonista, ormai 52enne rivive nel momento in cui porta suo figlio Pietro (Pietro Castellitto) a conoscere la sua città Natale, Sarajevo. Ed è tramite i ricordi di Gemma che il lettore, lentamente, viene a conoscenza del grande amore tra lei e Diego (Emile Hirsch) nato su un mondo tutto in bilico per l’inizio della Guerra del Golfo, del desiderio di maternità della donna negatole dalla sua sterilità e poi colmato grazie alla violenza subita da un’altra donna, Aska (Saadet Aksoy).

Per i primi 50 minuti la pellicola diretta da Castellitto viene quasi buttata via nella descrizione frettolosa di un amore eccessivo, che risulta irreale e quasi macchiettistico esattamente come irreale è, agli occhi dello spettatore, la scoperta della sterilità di Gemma e la sua reazione. Ma c’è un punto nel lungometraggio in cui qualcosa cambia e quello che sembrava essere un copione gettato al vento, nonostante la bellezza del libro da cui è nato, prende forma e diventa cinema: nel momento in cui i due protagonisti tornano a Sarajevo e fino alla fine Venuto al mondo tira fuori tutta la forza propria del romanzo da cui è tratto. Il dolore, il racconto lento ma prepotente  rende riconoscibile l’Emile Hirsch che Into the wild consacrò e che nella prima parte della pellicola neanche si intravede.

I protagonisti del film, alla fine, risultano bravi anche se Penelope Cruz nella sua ottima interpretazione è sbagliata come scelta per colpa del, sempre intrigante ma in questo caso fuori luogo, forte accento spagnolo e fa rimpiangere la perfezione del ruolo che interpretò in Non ti muovere. L’unico neo che rimane tale fino alla fine è il figlio del regista, Pietro, ancora inesperto come attore e poco credibile nelle scene di cui è protagonista.

Anche la regia segue l’andamento della pellicola: inizialmente non dissimile da quella di una banale fiction e poi intensa e poetica. Stupenda la scena di Gemma, inquadrata dall’alto, tiene Pietro, ancora neonato, sul suo ventre quasi a voler riscattare quei nove mesi in cui non gli è appartenuto, in cui la pancia che l’ha protetto è stata quella di un’altra donna.

Nonostante l’inizio mediocre Venuto al mondo risulta essere una buona prova della coppia Mazzantini/Castellitto che, come il libro, sottolinea la veridicità del verso di una canzone di De Andrè che recitava “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.

 

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