La migliore offerta: interviste

IL REGISTA E I PROTAGONISTI PARLANO DELL’ULTIMO FILM DI TORNATORE, IN SALA IL 1° GENNAIO 2013

Sarà ufficialmente il primo film del 2013 La migliore offerta, nuova attesissima pellicola di Giuseppe Tornatore. Alla presentazione del lungometraggio erano presenti il regista, elegante e minuto, la bellissima Sylvia Hoeks e il Maestro Ennio Morricone che ha scritto la meravigliosa musica del film.

Nel film tornano alcuni elementi del suo cinema, tra cui i personaggi inclini all’isolamento, i temi della memoria, ma anche la riflessione sul cinema come finzione…

Giuseppe Tornatore: Trattandosi di una storia che riflette sulla realtà e sulla finzione, sui temi del vero e del falso, è chiaro che il cinema c’entra: ma non era quella l’intenzione del film. Per quanto riguarda gli altri temi, qui quello della memoria è forse presente meno che in passato, mentre ritroviamo in misura maggiore quello dell’ossessione per lo spazio (un po’ come ne La leggenda del pianista sull’oceano). Comunque è inevitabile che alcuni temi tornino spesso nei film di un regista, a volte succede anche involontariamente.

Che chiave di lettura si può dare al titolo?

Giuseppe Tornatore: Ho frequentato per un po’ il mondo delle aste, e mi ha colpito il fatto che a volte, quando si devono piazzare oggetti magari non di particolare valore, non c’è una base d’asta: quegli oggetti sono venduti davvero alla “migliore offerta”, ovvero al buon cuore del pubblico. Ma l’espressione non ha un significato univoco: nelle gare d’appalto, per esempio, la migliore offerta è la più bassa. E allora mi sono chiesto: e nella vita? Quale può essere la migliore offerta che ognuno di noi può fare?

In effetti, il personaggio femminile lo vediamo solo a metà film, ma la sua presenza è da subito molto forte. Lei, Hoeks, come ci ha lavorato?

Sylvia Hoeks: Abbiamo provato e riprovato. Per metà del film, in effetti, io sono solo una voce, ma devo lo stesso attirare il pubblico, incuriosirlo. Ci abbiamo lavorato molto, ma ci siamo anche divertiti: è stato molti intrigante interpretare una persona intrappolata nella propria vita, che a un certo punto permette a un uomo di entrarci.

Come mai un’ambientazione così lontana da quella da lei preferita, ovvero quella siciliana?

Giuseppe Tornatore: Io, quando dirigo, procedo sempre per fedeltà alla storia, anche nell’ambientazione. Questa storia in particolare, non avrebbe mai funzionato con un’ambientazione italiana. L’idea iniziale era girare l’intero film a Vienna, ma poi abbiamo deciso di ampliare il raggio d’azione includendo includendo anche altre città europee.

Morricone. Lei lavora con Tornatore da anni, ed entra spesso nel processo produttivo dei suoi film. Come lavorate insieme?

Ennio Morricone: La lettura del copione è stata fondamentale, anche se già da prima avevo l’idea di un lavoro libero, basato in parte sull’improvvisazione. La lettura della sceneggiatura, però, mi ha spinto ad osare ancora di più. La scena in cui il protagonista è nel caveau con i quadri intorno a lui, ad esempio: leggerla mi ha dato un’idea precisa di come sarebbe dovuta essere, e mi ha permesso di dare a ognuno di quei volti una voce. In questo film, per la prima volta, ho usato quella che chiamo una “improvvisazione organizzata”.

Il film è una storia d’arte e d’amore. Ha riflettuto su questi temi, e sul loro legame?

Giuseppe Tornatore: Certo che ci ho riflettuto, erano tra i temi di fondo del film. Volevo rappresentare questo legame innanzitutto a livello allegorico: la bellezza non è sempre legata alla purezza, ma al contrario, spesso, è anche un prodotto dell'”impostura” dell’arte.

Il gioco di specchi e la dialettica tra vero e falso possono essere letti come un rimando a Blow-up di Michelangelo Antonioni?

Giuseppe Tornatore: Beh, non sono proprio temi originali, quindi sì, se vogliamo c’è Blow-up, ma se ci sforziamo di riferimenti simili ne troviamo tanti. In realtà, il film è nato in modo inusuale, dalle ceneri di due progetti diversi, uno più vecchio e uno più recente. Da soli non avrebbero funzionato, ma mi sono reso conto che unendoli ne sarebbe potuto nascere qualcosa di interessante. Lo trovo, in fondo, un lavoro di artigianato cinematografico.

Da cosa dipende, secondo lei, il calo di affluenza nelle sale cinematografiche fatto registrare nell’ultimo anno? La colpa principale è della pirateria?

Giuseppe Tornatore: Non saprei, a dire il vero non sono proprio uno specialista. Certo, la pirateria è il cancro del nostro mondo, ma questo ulteriore calo di spettatori forse va spiegato anche in altri modi. Evidentemente, non vale molto il luogo comune secondo cui i momenti di crisi economica aiutano il cinema. La situazione italiana, comunque, è condizionata dal vecchio vizio di chiudersi nel ritaglio espressivo dei singoli generi.

Il film è girato in digitale. E’ stato doloroso dire addio alla pellicola?

Giuseppe Tornatore: Sì, è stata una scelta dolorosa e molto meditata. Ma, se non l’avessi fatta oggi, sarei stato comunque costretto a farla in seguito: ormai, la pellicola difficilmente può offrire le stesse capacità espressive offerte dal digitale. Comunque, non mi sono pentito neanche per un attimo della mia scelta, e se dovessi tornare indietro la rifarei senz’altro.

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