The last stand: recensione film

SCHWARZY RITORNA AL CINEMA DOPO 10 ANNI, IN UN RUOLO ACTION TRA LINCOLN E COMMANDO

GENERE: azione
USCITA IN SALA: 31 gennaio 2013

L’ultimo uomo rimasto, non in senso metaforico, l’ultimo baluardo sulla faccia della Terra. Almeno così intendiamo Sommerton, paesino sperduto al confine col Messico di cui Arnie o Schwarzy o Terminator sono il sigillo finale, lo sceriffo senza macchia, l’eroe buono e saggio che l’America ha sempre desiderato. Quello che ti spara mentre sorride e difende il suo orto, letale ma educato. E Schwarzenegger versione 2.0 lo incarna alla perfezione, a 65 anni suonati, nel suo ritorno al cinema da protagonista con The Last Stand, regia del sudcoreano Kim Jee-Woon (A bittersweet life).  

Un film diciamolo subito senza troppe pretese, un missile lanciato indietro nel tempo e collocato a metà esatta degli anni 80, quando i protagonisti dell’intrattenimento cinematografico sfoggiavano muscoli lucidi e non lesinavano colpi di saggezza su nocche indurite. La carezza in un pugno. Arnold si diverte a fingersi lo scemo del villaggio, facendo il paio come accadeva con Bud Spencer, ingenuo per necessità, picchiatore per legittima difesa. E quando un violentissimo narcotrafficante, sfuggito all’agente FBI fuoriluogo Forest Whitaker, si dirige a folle velocità in macchina verso il confine, non rimane altro che affidarsi ad un branco di simpatici idioti capeggiati dal vecchio Danko. Basterà come atto di forza?

Jee-Woon ci mette tutto il suo lessico imparato da Tokyo Drift per organizzare il giusto contraccolpo Stalloniano nell’eccellente Bullet to the head di Walter Hill, ma proprio non riesce andare oltre una regia da videogame di saletta da bar sotto casa, ripulisce ogni velleità sociocratica per servire il duello western come omaggio fusion tra il suo cinema e quello più articolato d’Occidente. O forse il contrario, in cui battute retrò feriscono più di pallettoni e bazooka. L’importante è mantenere alto il tenore di violento intrattenimento tanto reclamato dai fans di Schwarzy, che ha voluto regalarci una performance appositamente calcolata, spiritosa e consapevole del tempo che passa, il passato che non muore mai, sempre utile all’occorrenza.

Tutta la parte tecnica viene a ruota dell’azione, un teatrino di comparse unite attorno al grande sciamano del combattimento, l’ultima difesa, la resistenza umana da Skynet, la quercia secolare attorno a cui cingersi in una sicura roccaforte. Il tempo non conta, provate a passare. Vi divertirete assai. 

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