3096 giorni: dalla tragedia al libro al film

IERI LA PREMIERE DEL LUNGOMETRAGGIO CHE RACCONTA LA PRIGLIONIA DI NATASCHA KAMPUSCH

Ieri a Vienna l’anteprima mondiale di 3096 giorni, film basato sull’autobiografia, tradotta poi in sceneggiatura da Bernd Eichinger (morto durante la scrittura) e  Ruth Toma, che ha finito il lavoro con la regista Sherry Hormann e il marito e cameraman, Mario Ballhaus.

Fra i primi ad arrivare sul red carpet del Cineplexx i protagonisti del film: Antonia Campbell-Hughes, che interpreta la ragazza sequestrata, e il danese Thure Lindhardt nei panni del maniaco Wolfgang Priklopil e la regista Sherry Hormann. “È stata una sfida e molto difficile lanciarsi nel ruolo”, ha detto la Campbell-Hughes, che non aveva mai incontrato prima nè visto la Kampusch che invece è arrivata con un’ora e mezzo di ritardo vestita di uno sguardo indecifrabile, abito nero lungo con ricami rossi, coprispalle scuro runa sciarpa colorata al collo. 

La 25enne ha sorriso alle macchine fotografiche della stampa di Germania, Francia, Svizzera, Croazia, Ungheria e Spagna, oltre naturalmente a quella austriaca. Spesso è stata sorpresa mentre faceva un espiro profondo. E alle domande dei giornalisti non ha voluto rispondere.

Moltissimi i volti noti in sala tra politici, sportivi e personaggi mediatici attirati dalla pellicola che mostra nella sua crudezza una vera e propria tragedia umana da finale già noto: dopo 3096 giorni in prigionia, in una cella di due metri per tre, lo scantinato nella casa di Prikopil alla periferia di Vienna, Natascha riuscì a liberarsi da sola nell’agosto del 2006. Poche ore dopo la sua liberazione, Prikopil si suicidò gettandosi sotto un treno. Dubbi su come andarono veramente le cose, e sulla possibile esistenza di un complice quando la piccola, il 2 marzo 1998, fu rapita mentre si stava recando a scuola, hanno accompagnato per anni le indagini, senza però svolte clamorose.

Il motivo del rapimento viene spiegato nel film. In uno dei dialoghi Natascha sul letto chiede al suo rapitore: “Perché hai scelto me?” lui risponde “Ti avevo visto sorridere”. Niente di più semplice. Niente di più terribile.

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