La frode – arbitrage: recensione film

RICHARD GERE TORNA CUPO IN QUESTO DISCRETO THRILLER SUGLI SQUALI DELL’ECONOMIA USA

GENERE: Thriller

USCITA: 14 marzo 2013

Quante volte abbiamo visto la storia dell’uomo dalla vita e dalla famiglia all’apparenza perfetta che per un bisogno ‘esistenziale’ si trova a nascondere un’altra faccia, con cui riesce a esprimere le sue pulsioni più basse? Troppe, probabilmente. A prima vista si potrebbe quasi dire che La frode – Arbitrage , esordio alla regia di Nicholas Jarecki proceda su questo percorso senza particolari svolte. Eppure la scelta di introdurre un tema del genere in piena New York, nell’ambiente degli squali che approfittano della crisi degli altri per il proprio vantaggio, dà una marcia in più a un film che sulla carta poteva essere troppo canonico.

La pellicola ruota dunque attorno al personaggio di Robert Miller che nel mezzo di un’importante vendita che potrebbe dare una svolta alla propria carriera è vittima di un incidente d’auto in cui l’amante viene uccisa. Per nascondere l’evento Miller decide di non denunciare l’accaduto, facendosi venire a prendere sul luogo dell’incidente da un amico. Da quel momento inizia un gioco tra gatto e topo del nostro anti-eroe con la polizia, ma al tempo stesso la famiglia ignara dell’accaduto, comincia a sospettare l’integrità del ‘pater familias’, non così tranquillo come sembrava…

Cominciamo subito col dire che la pellicola funziona. Ha un discreto ritmo e introduce Richard Gere in una parte cupa e difficile che ci fa quasi dimenticare le romanticherie che l’ex ‘ufficiale e gentiluomo’ in anni recenti ci aveva fatto sorbire. Qui tra un sorriso e una telefonata piena di bugie riesce bene a esprimere l’animo di ghiaccio di un uomo che fa della dissimulazione uno stile di vita, pur avendo a cuore l’unità della famiglia e soprattutto l’amore della moglie, interpretata da una Susan Sarandon meno ingenua di quello che vuole far credere.

La messinscena di Jarecki talvolta convenzionale sembra più indirizzarsi a certe serie HBO che la tv via cavo o il web spesso ci concedono e un’idea di cinema chiara dietro la macchina da presa non sembra essere sufficientemente espressa, nonostante le musiche di Cliff Martinez spingano verso uno stile ‘manniano’, ma non troppo. Ma si tratta d’un esordio e quando hai una sceneggiatura che tutto sommato fila liscio senza particolari intoppi, allora non te la vuoi prendere troppo nei confronti del film. Anche perché un thriller solido mancava da tempo nel listino delle uscite italiane…

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