Sta per piovere: recensione film

QUANDO IL CINEMA ITALIANO VIENE FATTO DA FIGLI DI IMMIGRATI SI SENTE ARIA NUOVA E POSITIVA 

Genere: drammatico

Uscita in sala: 9 maggio 2013 

Non è esattamente il film che ti aspetti Sta per piovere. Lontano dal mondo delle major e girato con una piccola troupe, l’opera terza del regista Haider Rashid, figlio di un iracheno e di un’italiana, ha comunque l’aria di vero cinema, pur con i suoi difetti, e si allontana decisamente da certi film italiani a basso budget con riferimenti estetici più vicini a Un posto al sole che a un’opera cinematografica a tutto tondo.

Il film si concentra sui tre membri di una famiglia di origine algerina a cui viene chiesto, per delle faccende burocratiche apparentemente di poco conto, di ritornare nel loro paese d’appartenenza. Sono padre e due figli poco più che ventenni: il primo appare rassegnato e triste, gli altri due, nati a Firenze e totalmente ignoranti riguardo la loro ‘prima patria’, vogliono combattere e soprattutto il maggiore, Said, farà di tutto perché giustizia sia fatta.

I difetti da imputare alla pellicola sembrerebbero più da imputare alla natura produttiva del film, per altro realizzato con una troupe d’età media al di sotto dei 30 anni, che al suo contenuto. Sta per piovere infatti fin dall’inizio si conferma come un’opera fortemente di denuncia e di facile presa sul pubblico, per via della sceneggiatura graffiante e di un gruppo d’attori che finalmente recita più che bene: non a caso molti di questi vengono dal teatro, ma altri come Mohammed Hanifi (il padre Hamid) sono alla prima esperienza recitativa, uscendone felicemente a testa alta.

Magari la fotografia non è da applausi, ma considerando il valore della pellicola in un panorama come quello del cinema italiano in cui i film interessanti si contano sulle dita della mano, allora non ci si sente da lamentarsi troppo. Inevitabilmente qualche caduta di stile c’è (l’inno d’Italia sussurrato dal protagonista a denti stretti, ad esempio), ma per il resto il film di Rashid è un’interessante, quanto necessaria parabola sull’integrazione e sulla voglia di giustizia che guarda con un occhio ai maestri del passato –viene citato Pontecorvo-, con l’altro scruta l’orizzonte, nella speranza che un altro cinema italiano, piccolo, ma con grandi ambizioni sia possibile. 

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