La mia classe: recensione film

IL PROF MASTRANDREA ALLE PRESE CON LE VITE DEI SUOI ALUNNI IMMIGRATI
La mia classeGENERE: docufilm
DATA DI USCITA: 11 gennaio
DURATA: 92′
VOTO: 3 su 5
“La gente che passa e prosegue veloce, ci osserva e prosegue veloce. Magari saluta, ma sempre prosegue veloce”: questo verso della canzone L’autostrada di Daniele Silvestri racchiude il sentimento degli alunni di Valerio Mastrandrea protagonisti, insieme a lui, del lungometraggio La mia classe di Daniele Gaglianone.

Mastrandrea è un insegnante di italiano in una classe completamente composta da immigrati in questo film, che parte come un’opera di fantasia e diventa poi documentario spiando le vere reazioni e le riprese rubate dei pensieri reali e della vita, non priva di problemi, dei ragazzi che tentano di trovare un posto e una dignità in questa Italia quasi mai pronta e felice di ospitarli.

La parte più interessante della pellicola è ovviamente quella in cui il lavoro di Gaglianone diventa documentario: nonostante alcune storie e sfoghi di dolore vengano un po’ strumentalizzate dal regista la realtà dei protagonisti del film da un quadro molto chiaro del pensiero di chi arriva nel nostro paese e del suo disincanto.

La fiction si mischia alla realtà soprattutto nel momento in cui, a favor di telecamera, la sceneggiatura vuole che uno degli studenti debba lasciare la classe in quanto il permesso di soggiorno gli è scaduto mentre dietro la cinepresa un ragazzo non può più davvero partecipare alle riprese del film in quanto non gli è stata rinnovata la protezione umanitaria. E’ lì che la rabbia dei suoi compagni viene fuori mettendo in luce con alcune battute, che nessun copione aveva premeditato, l’ipocrisia della finzione.

L’opera del cineasta di origini marchigiane che, dopo Ruggine, dirige ancora una volta un ottimo Mastrandrea, e il suo parallelismo tra vero e finto, dove il vero ha sicuramente cose meno qualunquiste da dire, dà voce alle opinioni di persone che troppo spesso non vengono ascoltate per mancanza di interesse e fa emergere un forte sentimento di solidarietà dal quale noi, all’interno di questo stivale Terra Promessa, dovremmo prendere spunto.

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