You’re Next: recensione film

TIPICO HOME INVASION IN CUI L’OMICIDIO SI SCONTRA CON LE IPOCRISIE DELLA BORGHESIA ODIERNA

locandina you're nextGENERE: horror

USCITA IN SALA: 19 settembre 2013

DURATA: 94 minuti

VOTO: 3 su 5

Non siamo soli, non siete soli, non sono solo, mai. Come una litania che va ripetuta mentalmente per non abbassare mai la guardia, questp è l’incipit, anzi il cuore pulsante e rosso sangue di qualsiasi horror di stampo home invasion che si rispetti, ne fa addirittura una questione d’onore, almeno narrativo, il film di Adam Wingard in cui si esclama come tu sia prossimo all’uccisione, anzi il prossimo, You’re next.

E non nel senso metaforico, ma proprio come preda di caccia agli umani, quando una famiglia rispettabile (almeno all’apparenza) si ritrova in un cottage di campagna per una reunion dopo tanto tempo, l’assalto di sconosciuti e semi-muti mascherati sconvolgerà la loro vita, con repentina violenza e rivelazioni inaspettate. Buon film di genere, su questo non ci piove, girato con professionalità e mantenendo sempre altissima la tensione.

Allo stesso tempo, però, richiama ogni singolo clichè di genere, dalla casa, alle armi bianche, agli assaltatori silenziosi come ninja, allo spavento improvviso, a nascodigli da stipite: insomma certo non brilla per originalità, ma sa come sorprendere lo spettatore, avvolgendo la storia in una cappa di perbenismo borghese eccessivo che rende difficile l’affezione con i malcapitati protagonisti.

Una di loro sarà testimone del colpo di scena finale, che, pur “non aprendo la porta” ad un possibile sequel, rivela le intenzioni belliche della sceneggiatura sin dall’inizio, il cui scopo è la riflessione sociale in un contesto da incubo. Terrorizzare ed osservare, quasi un istinto primordiale che pone chi guarda in posizione di complicità con i killer senza volto. Il movente è svelato solo in ultimo, le vittime cominciano a cadere una ad una e la musica che accompagna la mattanza riprende e omaggia Haneke.

Incapaci di scappare e di distogliere lo sguardo, senza via di fuga verso l’esterno, ma rinchiusi all’interno di una baita di legno e intercapedini, l’unica certezza che conta è la propria sopravvivenza, come fare per scappare, come attivare l’ingegno per uscire da quell’inferno improvviso. La potenza della regia si sofferma proprio qui, in quell’attimo di scelta e fatale decisione. In fondo, non siamo soli, non lo siamo mai stati.

 

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