Pezzi: recensione documentario

IL LAURENTINO 38 RACCONTATO, SENZA FILTRI, DA LUCA FERRARI

PEZZI_LOCANDINARoma, Laurentino 38 uno posti più degradati della città. È qui che Luca Ferrari ha portato la sua macchina da presa e ha dato vita a Pezzi un documentario, un reportage, un video diario che racconta la vita di chi in questo posto, la Scampia della città eterna, ci sopravvive.

Senza alcuna censura il cineasta romano ha collegato frammenti di realtà da lui filmata: scorci di vite altrui che passeggiano, discutono, spacciano in un luogo che sembra un altro mondo, rispetto a quello che immortalato in film che della capitale parlano senza dire niente, ma che in realtà fa parte della città stessa, dei suoi bordi, della sua periferia.

Il regista è lì, interagisce ma di certo non limita quello che sta accadendo davanti agli occhi della sua camera, che poi diventano gli occhi dello spettatore/testimone di una realtà dura e impaurita come i genitori di Stefano che in cucina si chiedono cosa ne sarà del proprio figlio.

Non c’è nulla di impostato o premeditato nel documentario di Ferrari che si limita ad unire i pezzi, per l’appunto, di ciò che accade nel quartiere in cui ha scelto di entrare: quel che accade nella vita dello spacciato Er pantera e nella bisca di Massimo e Bianca.

Non c’è filtro e non c’è giudizio in un racconto duro e puro come solo un documentario può essere.

La droga, la malavita, è raccontata per quella che è e il documentarista non scade mai nell’ovvietà pedagogica, non insegna nulla. Mostra e basta. Mostra e non porta il suo lavoro a forzate e retoriche conclusioni.

Il degrado è narrato dalle immagini, le vite raccontate non sono simbolo di nulla se non di loro stesse. Non c’è presunzione né finzione a favor di camera nel lavoro di Ferrari. C’è qualcosa di più potente: c’è la realtà.

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