La mafia uccide solo d’estate: recensione film

LA MAFIA UCCIDE SOLO D’ESTATE E’ UN FILM SCHIETTO E REALE DAL RETRO GUSTO AMARO

la mafia uccide solo d'estate locandina filmGENERE: commedia

DURATA: 90′

USCITA IN SALA: 28 Novembre 2013

VOTO: 4 su 5

Quello che ci è sempre piaciuto di Pif, l’ex iena Pierfrancesco Diliberto, è saper scovare fatti inediti e particolari, e raccontarli in quel modo così simpatico, aggiungendo del sano realismo grazie all’uso della telecamera che portava sempre in spalla. La sua voce narrante inoltre, trasmette ormai quel senso di tranquillità e affidamento derivante dal seguito incondizionato che si è conquistato grazie alla sua creatività. Con La mafia uccide solo d’estate mette a segno un altro incredibile punto, il primo della sua carriera cinematografica vera e propria. Non ha scelto un tema facile nè tantomeno originale. Eppure è riuscito a svecchiarlo, grazie alla scelta vincente di girare una commedia amara su un argomento forte ma dal tono semi-serio, senza prendersi realmente mai troppo sul serio.

Narratore anche in questo caso e protagonista assuluto, Pif racconta la storia della vita di Arturo (interpretato dallo stesso Pif), scandita dalla malavita già da quando era solo uno spermatozoo in attesa di fecondare l’ovulo. In una vita trascorsa in un contesto sociale e culturale violento e mentalmente deviato, si ergono le sue gesta d’amore nel tentare di conquistare la bella Flora (Cristiana Capotondi), di cui è invaghito dalle elementari.

La mafia uccide solo d’estate è una favola nera che attraverso la fantasia di Pif, ci mostra una panoramica inusuale sull’Italia dalla fine degli anni ’70 fino ad arrivare all’attualità. Con una narrazione delicata racconta la questione meridionale in tutti i suoi problemi e nello specifico in rapporto alla Mafia, vista dagli occhi profondi ma ingenui di un bambino cresciuto in una città violenta come quella di Palermo, e che è riuscito a costruirsi il suo mondo grazie alla curiosità e alla volontà di conoscenza. La chiave di volta fondamentale per la riuscita del film è l’ironia, quella tecnica che permette di ridere anche sulle faccende più gravi: Pif la usa per indagare i comportamenti umani, per cercare di spiegare le incongruenze della società che, in particolar modo per un bambino, confondono la mente.

La sceneggiatura brillante inoltre riesce ad amalgamare con convinzione la vita personale di Arturo al contesto storico-sociale, dando una versione anticonvenzionale ed improbabile – e per questo divertente – dei fatti sugli eventi più dolorosi che hanno caratterizzato la fine del Novecento italiano. Da Ciancimino a Riina, da Andreotti a Falcone e Borsellino, dal generale Dalla Chiesa a Chinnici. Gli attori politici ci sono tutti.

E’ arrivato il momento quindi, che gli italiani escano dal letargo forzato in cui erano stati – o si erano da soli – obbligati, e che si chiedano come abbiano fatto a rimanere inermi difronte all’escalation di violenza in senso proprio e figurato, che li ha riguardati in quanto popolo e per questo cultori di un senso civile. Senza troppa retorica Pif va dritto al punto, tirando fuori gli scheletri polverosi dagli armadi di cui nessuno si è mai preso la colpa, e facendo appello alla responsabilità sociale nel voler frenare questo fenomeno di menefreghismo dilagante, che non fa che aumentare il cancro della Mafia.

La mafia uccide solo d’estate è un film provocatorio e al tempo stesso toccante; un lavoro completo per il quale possiamo usare un aggettivo importante e poco utilizzato, almeno da chi scrive: ‘efficace’.

 

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