Brick Mansions: recensione film

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BRICK MANSIONS È UNA VERA E PROPRIA ESPLOSIONE DI SPETTACOLARITÀ INTELLIGENTE, IMPREZIOSITO DAL SALUTO DELICATO E COMMOVENTE DELL’INDIMENTICATO PAUL WALKER

brick-mansions-locandinaGENERE: azione

DATA DI USCITA: 1 maggio

DURATA: 89′

VOTO: 3 su 5

L’identità di un popolo risiede nelle città, specchi culturali del tempo corrente, agglomerati di sogni, speranze, delusioni, nonché da sempre simboli dell’aggregazione e quindi di civitas, ossia civiltà comune, evoluzione e avanzamento, tappa fondamentale nella storia antropologica dell’uomo. Ogni città ha perciò la propria storia, le sue peculiarità, le bellezze ma anche le sue contraddizioni, le parti dimenticate e nascoste, lasciate marcire con la finta promessa che il bene comune è per tutti e non per pochi e infatti, immancabilmente, dietro i monumenti e la storia c’è il lato oscuro della luna, quello messo a tacere, ghettizzato e, nonostante le parole, abbandonato ad un destino violento e disperato, in cui ogni regola diventa inutile quanto incoerente.

Succede proprio questo a Brick Mansions, sobborgo abbandonato in una Detroit del 2018, lasciato in mano alla criminalità, alla desolazione e all’anarchia delle pistole. Le autorità cittadine, per far fronte al problema, hanno emarginato il quartiere, costruendo attorno ad esso delle mura inaccessibili se non attraverso dei check-point militari. A capo di Brick Mansions c’è Tremaine (RZA), signore della droga, violento e senza scrupoli che, in seguito ad un colpo, incrocerà la strada di Damien Collier (Paul Walker), poliziotto sotto copertura, in missione all’interno di Brick Mansions. L’agente Collier sarà aiutato da Lino (David Belle), ragazzo del posto con un conto in sospeso proprio con Tremaine. I due, spalla a spalla, diventeranno amici, scoprendo, loro malgrado, la verità celata dietro quelle mura.

Luc Besson nel 2004 scriveva e produceva l’apprezzatissimo Banlieue 13. Oggi, a distanza di dieci anni, riprende la stessa sceneggiatura per adattarla al pubblico statunitense con l’aiuto di una location più congeniale per loro, attraverso un attore simbolo come Paul Walker e affidando la regia a Camille Delamarre che fa di questo Brick Mansions, per l’appunto, un film-remake assolutamente lineare e diretto, con una spettacolarità scenografica ma estremamente intelligente. La storia, punto forte della pellicola, è infatti in continua accelerazione, orchestrata all’interno di quella Detroit che troppo spesso – e troppo facilmente – è etichettata come una delle città più pericolose degli USA. Il punto focale della sintassi cinematografica dell’opera si trova proprio nella differenza che viene sottolineata tra apparire ed essere; spesso dietro una condizione sociale si nascondono le motivazioni più disparate e, se si guarda meglio, la disperazione di alcune zone è costruita a tavolino, canalizzata e soffocata, nonché fondamentale per quella che è la grande macchina dei soldi. Brick Mansions è una pellicola entusiasta di ciò che mostra, dritta e veloce ma contemporaneamente semplice. Action puro e nudo al servizio di uno spettatore che, oltre sparatorie e inseguimenti, cerca anche una certa intelligenza narrativa, mai furbesca ma esclusivamente empatica, presa per mano, tra l’altro, dal saluto commovente di un attore che trova un film adatto per sorridere ancora un’ultima, eccezionale volta.

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