Synecdoche, New York: recensione film

SYNECDOCHE, NEW YORK E’ IL DELIRANTE RACCONTO DI UN MORTO VIVENTE

synecdoche new york locandina filmGENERE: drammatico

DURATA: 124′

USCITA IN SALA: 19 Giugno 2014

VOTO: 4 su 5

La vita è una cosa complessa. Mettersi a capirla fa diventare pazze le persone. Non ha un senso specifico, non c’è alcun libro che ti da spiegazione su come affrontarla e come calcolare le conseguenze delle tue azioni nè tanto meno quelle degli altri. Non c’è una probabilità esatta in cui si manifestano situazioni e avvenimenti, non c’è proprio un motivo comprensibile la maggior parte delle volte. Vivere è la cosa più razionale e allo stesso tempo irrazionale che un essere umano può fare. Ma se ti lasci trasportare dalla realtà senza scervellarti troppo ma facendo del tuo meglio per sopravvivere, allora l’esistenza non è neanche così brutta come spesso la si pensa e riesci a sopportarla vivendo. C’è chi invece nel mare dell’incomprensione ci annega, perché le cose non vanno come vorrebbe e una logica è lontana da ogni punto di vista con il quale vedere il nostro cammino. Quand’è così ogni cosa ci fa paura, siamo tormentati dal fatto stesso che respiriamo, e se lo facciamo è solo perché la morte ci fa ancora più paura della vita. Ma vivere condizionati dal più grande paradosso esistente, non fa altro che anticipare il momento dell’aldilà, tanto da diventare morti viventi.

Synecdoche, New York è la storia di Caden Cotar (Philip Seymour Hoffman), un drammaturgo di successo ultimamente poco in grado di mettere in moto la sua mente creativa, che viene lasciato dalla moglie per proseguire il suo lavoro da pittrice a Berlino portando con sè la figlia. Terrorizzato dalla solitudine, in preda al panico per una possibile malattia mortale, inizia una relazione con una donna, terminata quasi prima di essere iniziata. L’aiuto di una psicologa piena di sè non serve a molto, specialmente con il complicarsi delle sue crisi nevrotiche. La paura dell’aver poco tempo da vivere fanno scattare in lui un meccanismo secondo il quale decide di mettere in scena la sua vita, anche se quel che ne viene fuori è una rappresentazione frustrante della banalità del vivere e della fragilità dell’esistenza umana.

Il film di Charlie Kaufman è la verità caotica di un mondo enigmatico, dove la realtà viene continuamente mescolata alla finzione, in un incessante dualismo narrativo provocatorio e decisamente destabilizzante. Come gli attacchi di nevrosi improvvisi di cui Caden è vittima, così anche la vita è imprevedibile e incontrollabile; inutile pensare di avere sotto controllo qualcuno o qualcosa perché ogni singolo attimo della nostra quotidianità è come se lo stessimo vivendo in una superficie di sabbie mobili, che non solo si muovono creando confusione ma potrebbero anche essere allo stesso tempo frutto delle più stravaganti fantasie mentali. Chi potrebbe dire con certezza cosa è vero e cosa non lo è della propria vita? Siete realmente sicuri di qualcosa?

Hoffman veste i panni del patologico per eccellenza, realizzando una delle migliori interpretazioni della sua carriera. Un personaggio complesso e stratificato è infatti quello di Caden, un uomo brillante e sconcertante insieme. E’ la manifestazione della parte emotiva e psicolabile di ognuno di noi, quella a cui ci lasciamo andare quando non vediamo altro che nero. A tratti un flusso di coscienza indecifrabile, a tratti una geniale messa in scena del dramma umano, Synecdoche, New York è la storia di un uomo che vede scivolarsi la vita dalle mani e tenta inesorabilmente di correrle dietro, non capendo che proprio quello lo porterà nell’abisso più totale.

 

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