Venezia 71 – The Humbling: recensione film (Fuori Concorso)

THE HUMBLING: LA STORIA DI UN ATTORE E DEL SUO TRAGICOMICO DECLINO

humbling-posterVoto: 3 su 5

Perdere la propria magia. Ogni essere umano ne ha una differente dalle altre e la profondità dell’abbisso può essere indefinita. La speranza è sempre la stessa, una luce o possibilità alla fine di tutto, come una rinascita. La linea fra realtà e follia è realmente sottile.
Questo è The Humbling, pellicola ispirata all’omonimo romanzo di Philip Roth del 2009 e diretta sul grande schermo dal regista Barry Levinson.

La finzione è al centro di tutto per la vita di Simon Axler (Al Pacino). Attore teatrale, con più di sessant’anni sulle spalle, Simon sente di aver perduto improvvisamente le sue doti interpretative e la voglia di vivere. Il palcoscenico gli è sempre meno amico, il pubblico sembra non seguirlo più e la sua vita sentimentale è pressochè inesistente. L’esponenziale perdità di fiducia nei propri mezzi sembra trasportarlo verso un declino mentale inevitabile. L’arrivo di Pageen Stampleford (Greta Gerwing), ragazza lesbica, figlia di una coppia di attori con i quali aveva lavorato in gioventù porterà Simon ad una sperimentale relazione amorosa, dove l’artista verrà lentamente consumato nello spirito e nel corpo.

Prima o dopo ogni artista vive questa fase: perdere il talento, guardarsi indietro senza trovare un’identità ben definita, lo stesso Pacino sembra perfetto per riassumere questo concetto. Dal panico da palcoscenico fino alla perdità di memoria, l’incessante avanzare degli anni devasta la mente dello sconcertato attore. Anche se la chiave di lettura è differente rispetto al soggetto originale scritto da Roth, il protagonista trasmette in modo leggero una sensazione di continuo smarrimento, come per un equilibrista, che sfidando la corda vive tra cielo e terra.
L’interprete si mette completamente a nudo, un po’ come Simon, mostrando una forte dose di autoironia ed esibendo senza paura i limiti fisici e mentali di un uomo in piena crisi d’identità. Personaggi dal carattere bizzarro fanno da contorno al resto della trama, entrando ed uscendo di scena proprio come in un atto teatrale.

La vita è come una grande ed unica Opera, fatta di protagonisti e comparse che si alternano fra di loro. A differenza di Simon però, Pacino fortunatamente non pare abbia perso la sua magia.
L’unico grande rimpianto è l’eccessiva comicità che mina l’essenza della storia e fa dimenticre la drammaticità di una vita vuota e le conseguenze negative che spesso ne seguono, regalandoci un inaspettato dramma più dolce che amaro.

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