Pierfrancesco Favino: “basta pensare ai costi del cinema, ritorniamo ad appassionarci”

PIERFRANCESCO FAVINO, PROTAGONISTA DEL NOSTRO CINEMA E DI SENZA NESSUNA PIETÀ DALL’11 SETTEMBRE AL CINEMA

senza nessuna pietàSono vent’anni che Pierfrancesco Favino, tra cinema, teatro e televisione, vive del suo mestiere d’attore, che l’ha portato anche a lavorare con grandissimi di Hollywood come Ron Howard, ma dopo la parentesi d’Oltreoceano di Rush l’interprete torna a recitare in un lungometraggio tutto italiano, opera prima di Michele Alhaique, Senza nessuna pietà.

Oltre a vestire i panni di Mimmo, il silenzioso protagonista del film per il quale l’attore si è prestato a una notevole trasformazione fisica, Favino è anche produttore dell’opera.

Pierfrancesco, come molti attori prima di lei, per affrontare il ruolo di Mimmo in Senza nessuna pietà lei ha preso molti chili. La trasformazione, il vedersi meno in forma del solito, quanto e come ha influenzato la sua interpretazione?

Mimmo è sempre stato pensato di quella mole e la fisicità è importantissima per interpretare un personaggio. Ingrassare tanto mi ha messo di fronte a disagi, vedi lo sguardo delle persone, anche dei familiari, che pian piano cambia nei tuoi confronti. Ecco: è lì che ho capito Mimmo. Non avrei potuto interpretare quelle sensazioni solo concettualmente.

Quindi somigliare ha Mimmo l’ha resa come Mimmo…

Mentre ingrassavo le mie figlie mi davano del ‘ciccione’, mia moglie si lamentava che russavo, osservavo lo sguardo delle persone intorno a me cambiare. È un lavoro sul corpo che mi è stato necessario per entrare nella psicologia di Mimmo che nel passato è stato un bambino di 8 anni vessato e allo stesso tempo apprezzato nel suo clan familiare per la sua mole, mole che gli ha garantito un posto in quel gruppo chiuso. Finché qualcosa rompe quella corazza.

Oltre ad essere il protagonista lei è anche tra i produttori di Senza nessuna pietà. Come è andata questa nuova senza nessuna pietàesperienza?

Abbiano avuto un partner francese per la produzione, che ha abbracciato questa idea con entusiasmo, la nostra idea di lavoro, il tempo di cui avevamo bisogno. Tutto questo serve ad alimentare le potenzialità creative di cast e troupe, in fondo credo che questo significhi “produzione”: mettere nelle condizioni le persone di dare del proprio meglio.

Vi ha mai sfiorato l’idea di girare il lungometraggio in inglese, per avere più possibilità di vendita nei mercati esteri?

Siamo consapevoli che girare un film in italiano schiaccia un po’ l’area di fruizione. Ma credo che alla fine conti l’anima dei personaggi: io ho fatto diverse esperienze internazionali e mi hanno chiamato proprio per la mia italianità, è quella che porto in giro. Raccontiamo come siamo fatti, raccontiamo chi siamo, a prescindere dalla lingua.

Dopo questa parentesi si sarà fatto un’idea del mondo della produzione cinematografica. Continuerà a fare anche il produttore in futuro?

Noi siamo partiti dall’idea che volevamo fare un film simile al cinema che ci piace vedere da spettatori. Mi piacerebbe che la si smettesse di pensare sempre a “quanto costa un film”, bisognerebbe tornare a parlare di passione e progetti. Il “cinema italiano” siamo tutti noi, non è una idea astratta, dobbiamo impegnarci a fare sempre meglio. Quindi rispondo di si, se ci saranno le condizioni giuste tornerò a impegnarmi come produttore.

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