Sin City – Una donna per cui uccidere: recensione film

DOPO 9 ANNI IL RITORNO DELLA DITTA RODRIGUEZ-MILLER FA UN GRANDE FLOP

locandina sin city 2GENERE: pulp

USCITA IN SALA: 2 ottobre 2014

DURATA FILM: 120 minuti

VOTO: 1 su 5

Il peccato regna nella città di Basin, meglio conosciuta come Sin City: una donna per cui uccidere. Lei è la vera donna, la città, una dama oscura che affligge un microcosmo urbano fatto di violenza insensata e come una piaga rende le menti deboli. Una volta fattasi carne, ossa e con la magnifica silhouette di Eva Green il peccato è ancor più morbido, ognuno dei personaggi del film ne resta invischiato e volente o nolente affoga tra le sue spire. Magnifica, velenosa, letale.

Robert Rodriguez, convinto dal sornione Frank Miller, si è lasciato convincere a portare in sala il secondo capitolo del fortunatissimo filone dark, ispirato dalla graphic novel dello stesso Miller, che aveva partorito una storia ibrida, fatta di criminalità e antieroi, impregnata di fetida violenza e sensualità venduta a buon mercato. Facendo centro. Qui, al contrario, il sequel si spegne subito in un puzzle di cliche che rendono subito la pietanza noiosa, dove tutto è ridondante e fuori moda e non si aspetta altro che la pausa gong di riflessione: che diamine è successo? A parte la defezione di Tarantino, è ovvio.

La risposta è facile. Il successo appunto. Quello che non si può replicare e che annebbia le menti come un bourbon andato a male o un medicinale scaduto. Non c’è cura in questa partita, le tenebrose voci off che avevano fatto la fortuna del primo capitolo qui diventano maccchie sfocate in un universo di filastrocche dell’orrore. Perchè viene ripudiato tutto ciò che è bello nel film e il male vince, no matter what, non importa come, tutti (ma proprio tutti) ne escono sconfitti. Almeno c’è Marv a dare sostanza al piattume generale. E quegli occhi verdi, Eva, meravigliosa e seducente che distrugge ciò che tocca e porta Josh Brolin alla follia. Per amore si può, per amore del proibito, come cita il giocatore d’azzardo Joseph Gordon Levitt.

Tolto questo, non rimane che una brutta copia della città del peccato, la versione sfocata del cult girato nel 2005 e di cui è rimasto solo un eco nell’ombra, tra le stradine fangose della città vecchia. Il resto è stato inghiottito da uno script poco efficace e da una regia grossolana e svogliata. Non c’era molto altro da raccontare a Sin City, non stavolta, sarebbe stato molto meglio sedersi al bancone del bar e scolarsi un triplo jack.

 

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