Exodus – Dei e Re: recensione film

RIDLEY SCOTT OSA CON LA BIBLICA STORIA DI MOSÈ, MA SMARRISCE I 10 COMANDAMENTI

locandina exodusGENERE: fantasy-biblico

DURATA: 154 minuti

USCITA IN SALA: 15 gennaio 2015

VOTO: 2 su 5

Nel momento in cui senti il richiamo dell’altissimo non puoi sottrarti al tuo destino. Ridley Scott, signori e signore, non ha bisogno di presentazioni, ma allo stesso tempo si macchia del peccato originale di voler (forse) osare troppo. Come Icaro, vola in alto sui comandamenti biblici, rielabora il pensiero dell’Esodo e porta in scena un Mosè col volto di Christian Bale, adatto nel suo lato egizio guerriero, molto meno nelle vesti lise del profeta ebreo.

La storia di Exodus – Dei e Re prende completa ispirazione dalla Bibbia, anzi ancor di più dalla versione del film I 10 comandamenti di Cecil B. De Mille del 1956, adattandolo alle potenziali di compute grafica del giorno d’oggi e a una rilettura puntellata su effetti visivi potenti (le calamità) e ad un massiccio uso della camera-drone che sorvola una Menfi tiranneggiata dal Faraone Ramses, figlio di Ra, e ovviamente ricostruita in digitale.

Sulla carta, dunque, anzi sul papiro tutto bene. Il problema nasce nella credibilità che si concede ad una storia e qui Scott commette il primo peccato capitale, al di la di un casting completamente fuori parte (da John Turturro a Sigourney Weaver, personaggi sacrificati in abiti cuciti non per loro). Sì, perchè con molto difficoltà capiamo la genesi di un cambiamento così rapido nella mente di Mosè, da principe a patriota di un popolo senza patria. Le enormi ellissi temporali distolgono talmente l’attenzione che si fatica a dare un collegamento valido tra gli anni intercorsi nella storia.

L’ira di Ramses, la fuga degli ebrei, la corsa verso Canaan, la terra promessa, l’attraversamento del mar rosso e l’intervento del Dio tra gli Dei sono una messa in scena interessante dal punto di vista scenografico e spettacolare nell’azione. Quello che non funziona è tutto il contorno, uno scenario stonato nel suo meltin pot tra farsa religiosa, film fantasy e biopic storico. Miscelati in maniera stranamente poco sapiente dal regista de Il Gladiatore, che perde la mano, quasi annoiato, nel dirigere coralmente uno script basilare.

Laddove manca la potenza di un racconto ben strutturato il coraggio non basta, l’ispirazione serve a porre le basi per un gran film, è vero, ma osare confrontarsi con un classico significa saperne affrontare il grande lavoro di struttura narrativa. In Exodus non accade e il risultato sullo schermo lascia a desiderare, così come alcune scelte di regia. Le acque non si dividono e Mosè resta al palo.

 

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