Bekas: recensione film

BEKAS, LA FUGA DA SADDAM DIVENTA UNA FAVOLA ALLA RICERCA DI SUPERMAN

Bekas - LocandinaGENERE: drammatico

DURATA: 92 minuti

USCITA IN SALA: 19 marzo 2015

VOTO: 3 su 5

Kurdistan iracheno, 1990. Una partita a pallone, tanti bambini urlanti che non fanno che ripetere un nome: Superman! Quello che la sequenza iniziale di Bekas, diretto da Karzan Kader, ci suggerisce è il mito del sogno americano, che qui segna la vita di due piccoli fratelli, Zana e Dana, uno di 6 e l’altro di 10 anni, che rimasti orfani sognano di andare negli Usa. Non hanno nulla, sono dei “bekas”, dei senza casa, Saddam ha ucciso i loro genitori e la vecchiaia si è portata via anche l’ultima persona che li aveva a cuore. Che fare se non sognare e impegnarsi per una vita migliore nel Paese in cui vive Superman?

Bekas è un film è scorrevole e commovente, con una fotografia dai toni caldi e allo stesso tempo tenui. La trama gira delicatamente intorno alla vicenda del potere e dei soprusi di Saddam, che il regista stesso ha vissuto in prima persona. Kader porta infatti sul grande schermo la sua fuga dall’Iraq avvenuta nel 1991, raccontando tutte le paure e la stanchezza provate con la sua famiglia.

Allo stesso tempo, però, affronta in modo più intimistico il rapporto tra i due fratelli, che sperimentano sulla loro pelle come essere uniti li renda più forti. Uno dei tratti più adorabili è di certo l’ingenuità con cui affrontano il viaggio, convinti che si possa arrivare in America in sella a Michael Jackson, un asino, con soltanto uno o due giorni di cammino, o che basti scrivere il proprio nome su un quadernino per avere un passaporto.

L’unica cosa che lascia un po’ spiazzati è che sempre, davanti ad ogni difficoltà e imprevisto, i due riescono a scamparla e a ricongiungersi, non c’è mina o deserto che tenga in questo continuo altalenarsi tra guaio e lieto fine: lo spettatore è pronto al peggio, e invece il colpo di scena è proprio che non succede nulla di ciò che ci si aspetta.

E se alcuni saranno irremovibili davanti all’impossibilità di un tale fortunato susseguirsi di eventi, dall’altra è forse il modo giusto per presentare una storia del genere ai più piccoli: mettendoli cioè di fronte ad una favola in cui i protagonisti sconfiggono i cattivi, superano tutte le prove e si scoprono essere loro stessi degli invincibili supereroi. E perché no, forse è anche il modo migliore per riportare un po’ di fiducia e ottimismo nelle vite dei più grandi.

 

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