Hybris: l’horror soprannaturale di G.F. Maione


ANCHE GUGLIELMO SCILLA TRA I PROTAGONISTI DELL’INDIE “UNDER 30″

hybris locandinaIl termine “Hybris” in greco corrisponde al significato di “tracotanza” e nell’antica mitologia ellenica, indicava l’atteggiamento arrogante degli uomini, tra cui eroi celebri come Achille o Ulisse, che, sulla base di un’eccessiva considerazione di sé stessi, arrivano a sfidare gli dèi  e le leggi della società, meritando così il successivo castigo delle divinità. Al cinema dal 28 Maggio, Hybris è diretto da un giovanissimo esordiente (ventun anni) Giuseppe Francesco Maione, e mette in scena l’inquietante vicenda di quattro amici perseguitati, appunto, da colpe passate e nascoste, anche a loro stessi.

Fabio, Alessio, Marco e la sorella Penelope, infatti, per rispettare le ultime volontà di un loro caro amico scomparso, Valerio, devono trascorrere una notte in una baita abbandonata. Mentre strani avvenimenti iniziano a turbare la loro permanenza, i vecchi e antichi rancori cominciamo ad affiorare, causando l’esplosione di tutta la conflittualità latente tra di loro, che assumerà tinte più che spaventose. A spingere i ragazzi a sviscerare i propri segreti più inconfessabili una forza superiore, che agisce attraverso allucinazioni, alterando così il loro equilibrio mentale, e alimenta le loro paure recondite, mostrandogli una verità terribile e insospettabile.

Tra i quattro ragazzi protagonisti, l’attore Tommaso Arnaldi, conosciuto ai più per la serie Mediate I liceali, il quale oltre ad essere l’autore sceneggiatura di Hybris, è il fondatore della casa di produzione Mirelatives, che finanzia la stessa pellicola, la quale possiede come lodevole obiettivo proprio la promozione di cineasti under 30 indipendenti e capaci. Altro volto noto del cast è Guglielmo Scilla, passato alla notorietà come blogger di Youtube con lo pseudonimo di “Wilwoosh”. Accanto a loro Lorenzo Richelmy, prossimo protagonista della serie Netflix Marco Polo, e l’attrice Claudia Genolini.

Hybris è perlopiù ambientato interamente nella baita, e punta molto sulle interpretazioni degli attori e sull’abilità del giovane regista nel rendere al meglio la claustrofobia insita in un’unica location. Già dal plot, vengono subito in mente le componenti essenziali e classiche del genere horror d’oltreoceano, con espliciti riferimenti all’operato di Sam Raimi, Wes Craven e compagnia. A colpire maggiormente, però, è il progetto alla che sta alla base della pellicola e della stessa casa di produzione, che scommette in maniera “sfacciata” (con hybris, appunto) su di una fascia d’età media bassa. Una direzione così atipica per il nostro cinema, fatto di registi e addetti ai lavori che arrivano ad emergere magari solo dopo i trent’anni, può far solo sperare in meglio per il futuro della “settima arte” nazionale.

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