Star Wars – Gli ultimi Jedi: recensione

L’OTTAVO CAPITOLO DELLA SAGA DI STAR WARS: GLI ULTIMI JEDI CONNETTE INESORABILMENTE PASSATO E FUTURO DI UN FRANCHISE LUNGO 40 ANNI

star wars 8 locandinaGENERE: fantasy

DURATA: 152 minuti

USCITA IN SALA: 12 dicembre 2017

VOTO: 3,5 su 5

Silenzio, nero, poi stelle, spazio e un fragoroso avvio musicale. La saga di Guerre Stellari ci ha definito per quello che siamo: inguaribili sognatori. Oltre l’universo e il tempo, oltre la vita e la conoscenza del mondo terreno. Un cosmo fatto di innumerevoli pianeti da dominare, vivere, soggiogare, distruggere. Tutto quanto è paese, ogni forma di vita e lo sa bene la Lucas Film, che mette nelle mani del regista Rian Johnson la sua creatura più illustre: Star Wars, gli ultimi Jedi.

Ripiombiamo in una galassia sempre in lotta, oscuri signori del male contro la luce eterna del bene, una battaglia senza fine perchè laddove c’è equilibrio nella forza ci deve essere sempre sia una tensione positiva che una negativa. Cosa prevarrà non è dato saperci, probabilmente ci vorranno almeno altri 10 trilogie per venirne a capo. Ma dopo 40 anni precisi dall’uscita in sala del primo capitolo e dopo l’ottimo sequel di due anni fa, questo film segna un punto di svolta. Nel bene e nel male appunto, come le stelle insegnano.

I motivi principali sono due e il primo, più evidente, è il necessario bisogno di qualcosa di nuovo. Cambiando volti, situazioni narrative, storytelling. La formula comincia a zoppicare e l’innesto al timone della Disney ha incanalato il racconto verso una direzione più spirituale che avventurosa, più sardonica e meno pungente. Il secondo è la visione. Nonostante una fantasia sconfinata al servizio degli sceneggiatori Gli ultimi Jedi assume a tutti gli effetti i connotati di una macchina da intrattenimento puro, senza quel “vibe” interiore che regalava piena lussuria agli occhi dello spettatore. Giovane o adulto che fosse. Quella sensazione a tratti è mancata, specie a chi cerca qualcosa di più potente, oltre al suono metallico di una spada laser sguainata.

Il film è girato in maniera superba, con interpretazioni sincere (John Boyega nuovo Denzel e Adam Driver villain credibile, così come la raffinata Daisy Ridley) e uno scenario favolistico che riserva sempre sorprese e tensione emotiva. Quello che si percepisce però, nel confronto tra Primo Ordine e Resistenza, nell’incontro tra Rey e Luke Skywalker, nell’assenza di Han Solo nel cuore della principessa Leia, nel rapporto morboso tra Kylo Ren e il supremo Snoke è una nota aspra di scontato. Come fossero elementi di continuità della prima e della seconda trilogia, senza la volontà di spingersi oltre, nonostante gli intenti dichiarati in conferenza stampa e al termine della proiezione.

Se guardiamo da un’altra prospettiva invece ci troviamo di fronte ad un film mitologico, patinato e coinvolgente. Che Johnson sceglie di lasciarlo ancorato alla sua vera natura, a metà strada tra il drammatico e l’ironico, quale tassello imprescindibile del marchio Lucas. Star Wars è una macchina da soldi prima e dopo l’uscita in sala, appendice terminale di un processo di rinnovazione generazionale che è già cominciato e che, forse, in una galassia non troppo lontana, avrebbe bisogno codici linguistici più “verosimili”. Tutto questo è racchiuso nel cuore gravitazionale del franchise, ma ora come non mai, considerato il prossimo tassello in arrivo nel 2019, il coraggio di osare deve essere il tema portante.

Perchè se personaggi e situazioni collaudate sono il motore della saga, appare evidente come la sorgente da cui la forza attinge il suo potere stia diventando asciutta. La produzione dovrà necessariamente trovare quel sacro furore, oltre agli effetti visivi, per cui la filosofia Jedi che è alla base di tutto diventi finalmente quella religione condivisa che solo passando il testimone ritroverà il suo pieno vigore, come accadde per quel giovane apprendista nel 1977 che risponde al nome di Mark Hamill. E il quale oggi appartiene a Rey, colei che come gli altri combattenti per la libertà brama con fierezza il suo posto nel mondo.

 

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