Maria Maddalena: recensione

Rooney Mara interpreta la figura dell’Apostola degli Apostoli, per secoli sottovalutata nel suo ruolo accanto a Gesù

locandina Maria MaddalenaGENERE: drammatico
DURATA: 120 minuti
USCITA IN SALA: 15 marzo 2018
VOTO: 3 su 5

Una rivoluzione dolce e sommessa quella raccontata da Garth Davis in Maria Maddalena, biopic drammatico girato interamente nel Sud Italia, tra la città vecchia di Matera, la campagna pugliese (per ricostruire i dintorni di Cana e Gerusalemme) e la Sicilia (per la Galilea). Una rivoluzione che fa completamente perno su una delle figure più importanti della storia di Gesù di Nazareth e che, per errori di interpretazione, è stata per secoli declassata ad apparizione di poco conto: quella Maria Maddalena che ha fatto altre volte la sua comparsa al cinema ma sempre nelle vesti di prostituta, di peccatrice che ha conosciuto la redenzione solo quando si è trovata al fianco del Cristo, per cui – sempre secondo alcune fonti – provava un amore che andava oltre la sfera spirituale.

Tocca al volto delicato ed espressivo di Rooney Mara dare nuova vita a questo personaggio, rendendogli giustizia: Maria Maddalena era infatti una giovane che amava la vita ma si sentiva incompresa, troppo scomoda nel ruolo di moglie e madre a cui la sua famiglia voleva relegarla. Qualcos’altro doveva attenderla là fuori, qualcosa che poteva riempire quel vuoto che si portava dentro da sempre. E quel qualcosa aveva il nome di Gesù, il Nazzareno, il profeta di cui tutti parlavano, interpretato da un Joaquin Phoenix capace di rendere con forza il lato umano di Cristo. Maria entra nella cerchia dei fedelissimi che lo seguivano nei suoi spostamenti, gli apostoli, e anzi, diviene la sua preferita.

Davis, già regista dell’acclamato Lion – La strada verso casa, racconta come sfiorandolo il rapporto che nasce tra queste due anime, fatto di profondi silenzi e sguardi contemplativi, dove più volte i ruoli di maestro e discepolo vengono invertiti, e persino Gesù ha qualcosa da imparare dalla sensibilità della sua apostola. E anche quando il suo destino si è dovuto compiere, quando è risorto dalla morte dopo essere stato crocifisso, è a lei, non a Pietro, che si mostra per primo, all’“Apostola degli Apostoli” (come la definì Ippolito Romano tra il II e III secolo). Una figura quindi molto diversa dalla prostituta di cui si legge nei libri, una visione nata probabilmente da un equivoco nella lettura dei Vangeli di Luca e di Giovanni ufficializzata da Gregorio Magno nel 591, smentita però dalla Chiesa solo nel 1969.

Una rivoluzione dolce, come detto, quella rappresentata da Davis, perché a compierla non è una donna guerriera, pronta a dar battaglia o a prevalere con la forza, ma è una giovane armata solo di amore ed empatia, di voglia di conoscere e di ascoltare, davvero, quello che il prossimo ha nel cuore. Un personaggio che si sposa solo a metà con il femminismo di cui ora Hollywood si sta facendo portabandiera (il che non è detto sia un male), ma l’intento del film di filtrare attraverso lo sguardo femminile una storia da sempre appannaggio di quello maschile è palpabile e lodevole: in questa chiave di lettura va sicuramente letto anche il ridimensionamento degli altri personaggi accanto a Gesù (come Pietro), divenuti solo comprimari di una vicenda dove il ruolo centrale lo svolge una donna per secoli sottovalutata nella sua importanza.

Un potenziale, quello di questo Maria Maddalena, che arriva però smorzato allo spettatore: forse è per quel rapporto tra la protagonista e Gesù appunto solo accennato, o forse sono quei rari dialoghi dove le parole sono centellinate (che rendono ancora più difficile addentrarsi nei personaggi), fatto sta che il “miracolo” resta come incompiuto, lasciato in sospeso o assorbito dal paesaggio fotografato da Greig Fraser (quello sì da ricordare). Resta comunque il sorriso amorevole di una Rooney Mara luminosa come non mai, capace di rendere con estrema tenerezza la forza silenziosa di una donna a cui tutti dobbiamo riconoscere, dopo secoli, il posto che la Storia le ha negato.

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