Tomb Raider: recensione

La nuova Lara Croft è una Indiana Jones al femminile, in un film sull’identità che fallisce nel sorprendere

tomb raider posterGENERE: azione, avventura

DURATA: 118′

USCITA IN SALA: 15 marzo 2018

VOTO: 3 su 5

Lara Croft (Alicia Vikander) ha 21 anni, è una ragazza indipendente e sicura di sé, che sbarca faticosamente il lunario incastrando vari lavoretti, e non accetta la verità che le è stata raccontata sul padre Richard (Dominic West). Quando finalmente decide di indagare su quanto successo, Lara rifiuta di prendere le redini dell’azienda di famiglia e decide di partire in cerca del padre, un avventuriero disperso da sette anni, mentre era alla ricerca di un’isola misteriosa e di una strana maledizione al largo delle coste del Giappone, nel bel mezzo del “Mare del Diavolo”. Scortata dal capitano della nave Lu Ren (Daniel Wu), Lara imbocca una via da cui non c’è ritorno.

Dimenticate le curve mozzafiato e l’aspetto seducente di Angelina Jolie. La nuova Tomb Raider è una giovane donna che fa leva sul suo fisico (senza necessariamente mostrarsi in abiti succinti) e si trasforma in un’intraprendere archeologa dal giorno all’altro. Il film di Roar Uthaug, pur mosso da buoni intendi, risulta solo una sorta di Indiana Jones in salsa femminile. Alicia Vikander si mostra all’altezza delle aspettative, anche a fronte di un duro allenamento compiuto per entrare nella parte. La sua Lara non è inizialmente un’avventuriera, ma una giovane donna che non accetta il suo destino – e lo mette in chiaro nella frase: “Io non sono quel tipo di Croft”. Tomb Raider può fare affidamento proprio sulla Vikander, nei panni di un’eroina moderna per un film che esalta la moderna figura femminile che non ha bisogno di un uomo al suo fianco – rifacendosi quindi al rinascimento disneyano, che già vent’anni fa aveva portato sullo schermo il mito di Mulan. Al centro della storia c’è difatti l’amore paterno, quello di Richard Croft (un Dominic West non sfruttato al meglio e ridotto a burattino) per sua figlia Lara. La giovane intraprende quel viaggio maledetto per cercare suo padre, quella figura che le ha lasciato in eredità un box di enigmi da risolvere, ma anche per scoprire se stessa: morta Lara Croft, nasce Tomb Raider.

Gonfio di cliché cinematografici, pur supportato dall’ottima performance dell’attrice Premio Oscar, il regista svedese non riesce a sorprendere e convincere del tutto. La sceneggiatura, piena di strafalcioni prevedibili – così come la battuta finale – non regala freschezza al film, nonostante gli ottimi spunti di partenza: il fascino del Giappone antico, il mito e la maledizione dietro la figura di Himiko, regnante storica del regno Yatamati, circondata tutt’ora da un’aura di mistero.

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Linguista, aspirante giornalista, amante del cinema, malata di serie tv, in particolare dei crime polizieschi.