Un sogno chiamato Florida: recensione

La descrizione di una realtà degradante attraverso gli occhi innocenti dei bambini

locandina un sogno chiamato floridaGENERE: commedia, drammatico

DURATA: 115′

USCITA IN SALA: 22 marzo 2018

VOTO: 4 su 5

In una calda giornata d’estate come tante, Moonie, Scooty e Jancey sono tre bambini di circa sei anni che vivono in una zona degradata della Florida, lontana dal benessere cittadino. Tra coloratissimi motel squallidi che popolano le periferie, le piccole e sboccate canaglie vivono alla giornata con le loro giovanissime madri, sbandate quanto loro, ma tuttavia amorevoli che ogni giorno si prodigano per tenerli lontani dai pericoli e dalla perdita di dignità cui loro stesse sono quotidianamente sottoposte. Halley (Bria Vinaite), la giovane mamma di Moonie (Brooklynn Prince) è in bilico costante tra legalità e crimine, fra rispetto di sé e perdita di ogni decoro. Per fortuna c’è Bobby (Willem Dafoe), supervisore del Magic Castel Hotel dove vivono i tre bambini. Bobby alza la voce per rimettere a posto le cose, ma è anche l’unico dotato di umana decenza per far sì che né figlie e né madri si perdano per strada.

Una zona povera, situata a poca distanza dalla scintillante Disneyland, dove splende sempre il sole e, tra edifici colorati, i bambini possono ancora divertirsi e vivere avventure fantastiche: Un sogno chiamato Florida gioca sul nome originario del parco di Topolino (il titolo inglese è The Florida Project) per ribaltare una realtà ben lontana dall’idilliaco american dream. Dopo il buon Tangerine, il quasi esordiente Sean Baker sceglie di parlare del mondo fanciullesco, quello immerso nel degrado e nella spensieratezza, seguendo con la videocamera ogni movimento dei tre piccoli protagonisti. Le inquadrature sono a mo’ di bambino, e gli adulti sono quasi personaggi accessori: le loro voci passano in secondo piano, la loro presenza è quasi inosservata – non a caso, Baker taglia le teste e inquadra dal basso. Le giovani madri, chi ex stripper chi cameriera, sono povere Desperate Housewives che cercano di tenere in piedi la loro precaria situazione economica, senza però far pesare nulla sui propri figli. Il risultato è un racconto fanciullesco realizzato con assoluta leggerezza e ironia, che mette da parte la compassione, e lascia qualche speranza.

Willem Dafoe è credibile nel ruolo del burbero, ma buono, manager del Magic Castel Hotel, e tra i bambini (sopratutto con Moonie e Halley) si trasforma in un protettore e custode della loro innocenza. La vera protagonista è però la piccola Moonie, una sorta di ciclone in miniatura tutta uguale a sua mamma, che usa la sua fantasia per sfuggire a una realtà precaria. Si ride, si commuove e si riflette: Un sogno chiamato Florida fa sognare ad occhi aperti, in una sorta di racconto disneyano lasciato alla libera interpretazione dello spettatore.

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Linguista, aspirante giornalista, amante del cinema, malata di serie tv, in particolare dei crime polizieschi.