Il documentario di massa

                         La nuova frontiera dell'entertainment

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Da millenni l’uomo cerca di rapportarsi con l’ambiente che lo circonda e che lo ha generato, scrutandolo ed osservandolo da ogni angolo e punto di vista, non sempre per il bene della comune esistenza. Uno degli strumenti utilizzati per l’analisi e la comprensione della natura è stata la ripresa della stessa, che ha permesso alle persone di conoscere le variazioni sul tema e approfondire la propria curiosità in maniera costruttiva e spesso coinvolgente.

{mosimage} Il cinema come arte di vita si è avvicinato a tale campo di studio con un genere particolare, il Documentarismo, che negli ultimi anni ha seguito un filone innovativo, frequentemente rivolto ad un target stratificato e con una fruizione di ambito maggiore, dato l’alto tasso di specialisti che lavorano dietro le quinte per realizzarli e i nuovi trovati in fatto di tecnologie. Anni di ricerche, esperimenti e sviluppo ha portato l’umana conoscenza a poter fronteggiare la crescente richiesta del mostrare ad utilizzare il documentario come vero e proprio mezzo d’infotainment, informazione più intrattenimento. Questo ha aperto una reazione a catena, la voglia di conoscere la natura in tutti i suoi molteplici “singolari” aspetti ha reso necessario un lavoro intensivo su questo tipo di audiovisivo che permettesse allo spettatore d’immedesimarsi e vivere l’evento filmico come reale, più del reale. In questo senso si è passati dal più semplice Microcosmos, dei registi-scienziati francesi Nurisdany e Pèrennou (1996), quasi un documento che un documentario, il quale esplora e contempla vita e morte di quegli esseri minuscoli, gli insetti, con una visione poetica, oltre che informativa o divulgativa, fino al recente Profondo Blu, la storia naturale degli oceani raccontata attraverso le immagini incantevoli dei suoi abitanti e della loro vita sottomarina e girato da Alastair Fothergill e Andy Byatt. La ricerca di una forma per narrare le gesta di un mondo naturale che ci appartiene, ma di cui spesso non siamo a conoscenza ha portato i migliori documentaristi a confrontarsi con ogni specie animale, simbolo e definizione dell’ambiente che possiamo trovare a qualunque latitudine terrestre. Esempio l’ampante di questo esplorare è Il popolo migratore, docufilm del 2001 che, per la regia di Jacques Perrin, racconta la più  spettacolare delle avventure, attraverso un mondo celeste dominato da correnti d'aria sulle quali venire trasportati, seguendo il mutare delle stagioni per scoprire il nostro pianeta come non l'abbiamo mai immaginato, né visto prima. Solitamente un prodotto destinato al grande schermo vuole avere respiro epico, perciò le grandi coproduzioni internazionali (maggiormente USA, Francia e Italia) si mettono alla prova realizzando opere che suscitino forti emozioni e che diventino anche dei successi al botteghino. L’ultimo realizzato, presentato nel nostro paese con il commento di Fiorello, è l’ultima fatica di Luc Jacquet, che con la sua equipe di cineasti ha impiegato diversi anni per realizzare La marcia dei Pinguini. Nell'oceano, il pinguino imperatore assomiglia più ad un delfino che ad un uccello. Sulla terraferma, trasformatosi in camminatore maldestro, l'uccello si trova ormai alla mercé del minimo ostacolo e cammina d'inverno attraverso centinaia di chilometri alla ricerca di cibo e per la sopravvivenza della propria specie. Il film racconta quest'epopea, che rappresenta un atto d’amore nei confronti dell’uomo verso tale mondo animale, che all’inizio dei tempi ci è appartenuto. Ciò che negli ultimi anni ha evidenziato meglio questo rapporto natura-ambiente-uomo è la rappresentazione di un universo che ha preso possesso delle nostre fantasie e di cui la platea ne pretende, per niente sazia, maggiori cognizioni, sin dall’inizio del creato. Sintesi estrema di questo volere è stata l’uscita nelle sale di Genesis (2004), un documentario girato dagli autori di Microcosmos, Claude Nuridsany e Marie Pérennou, che mescolando humour e serietà, innocenza e saggezza, ha utilizzato il linguaggio evocativo del mito e delle favole per raccontare la nascita dell'Universo e delle stelle, l'inizio infuocato del nostro pianeta e l'apparizione della vita sulla terra, un ambiente che, nonostante sia lacerato dal suo interno, risplende ogni notte per ciascuna delle sue creature. Il documentario divenuto film incarna proprio questa convinzione, rende l’osservazione della natura una storia vera, il racconto senza tempo dove potersi distrarre per ammirare le sue meraviglie e che approfitta del nostra sete di conoscenza per creare un legame emotivo tra l’uomo e tutto ciò con cui egli convive.

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CURIOSI DI CINEMA
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