Recensione: inception di chris nolan

CAPOLAVORO DEL SUBLIME, UN MONDO DA SOGNO NEL SOGNO

La trottola gira, ruota attorno a sé stessa in movimento perenne, contro la gravità, frutto solo di immaginazione. Questo è ciò che permette il sogno, il lato più vulnerabile della psiche umana, in cui è possibile penetrare, rubare segreti, impiantare idee. “Inception” significa proprio innesto ed è sintesi esemplare dell’opera in pompa magna di Christopher Nolan, 40enne regista londinese all’apice di una magnifica carriera. Dieci anni per far germogliare quest’idea nella sua mente, crearla con sudore e inchiostro, proporla forte dei suoi recenti successi (leggi il reboot di Batman) e infine realizzarla, complice anche uno sforzo produttivo ingente e l’intensa interpretazione del magistrale borderline Leonardo Di Caprio. Alter ego di Dom Cobb, estrattore per professione, ovvero ladro di idee in sogno, a cui viene chiesto, in cambio del ritorno in patria causa esilio, di innestare un’idea “semplice” nella mente di un uomo, impresa ardua o pura fantasia? Fantascienza diremmo noi e tutto ciò che questa parola racchiude nei grandi fasti dell’archetipo onirico, la manipolazione morfologica e fisica, realtà mentali e virtuali che implodono e s’innalzano a piacere del creatore. La mente più suggestiva di tutte, quella dello stesso Nolan, ha sfornato un film da seguire livello dopo livello, cerebrale e complesso, intenso e adrenalinico, passionale ed enigmatico. Attraverso i vari gradi del subconscio, egli sprofonda lo spettatore nei meandri imperscrutabili delle coscienze altrui, un viaggio come Julio Verne insegnava alla scoperta della mente primordiale, a rimorchio di Cobb e della sua squadra. Arthur il manovratore (Joseph Gordon Levitt), Ariadne l’architetto (Ellen Page), Eames il falsario (Tom Hardy), Saito il turista e origine della proibitiva missione (Ken Watanabe), Yusuf il chimico (Dileep Rao) e il suo livello più oscuro del subconscio, la defunta moglie Mal (magnifica Marion Cotillard). Non serve cercare quindi il pelo nell’uovo. L’azione si fonda col ralenty, sequenze ad altissimo tasso di spettacolarità e suggestione appaiono e scompaiono in eterni momenti di pathos, un plot ambizioso in cui Hans Zimmer pone una base in “crescendo” adatta allo scopo, volubile e inquietante alla stessa maniera. Poi tutto il talento di Nolan (assecondato dal suo attore e dalle citazioni cinefile) prende il sopravvento, crea un mondo di illusioni, suoni, luci e colori straordinario, una visione labirintica della psiche in cui condurci letteralmente per farci perdere e risalire in superficie, un luogo reale in cui tempo e spazio vengono a contatto e si confondono in un balletto emotivo di ruoli e anime. Sperdute, impaurite e determinate a confonderti senza fermarsi mai, lasciandoti inerme in un limbo di sogni e finzione in cui la gravità non può esistere. Cadi trottola, devi cadere.

A cura di Simone Bracci

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