La bellezza del somaro: recensione

IL SOMARO DALLE MOLTE ASPETTATIVE NON ENTUSIASMA

È un paese per vecchi secondo Castellitto, e la bellezza del somaro ne è la rappresentazione grottesca. Sa un po’ del teatrale l’ultimo film del regista romano, da pochi giorni in sala, tratto dall’omonimo libro della moglie Margaret Mazzantini. La rappresentazione ironica di una società in crisi, anzi di una generazione che vede cinquantenni che sono stati, e sono tuttora, succubi dei genitori, e ora nuovamente succubi dei figli adolescenti. Un’aspra critica al perbenismo di quei borghesi radical chic che volevano la rivoluzione del 68 e sono invece diventati come i loro genitori, anzi peggio, perché fingono di essere qualcosa di diverso. Più liberali, più tolleranti, più comprensivi verso i loro figli, mentre non potrebbero essere più distanti. Un cliché quello che viene proposto, la solita storia della generazione che voleva cambiare il mondo invece non c’è riuscita, la solita critica verso coloro che si sono adagiati sui privilegi dell’essere borghesi e benestanti. Gli unici a sembrare ancora saggi sono i figli, che si analizzano, si criticano a vicenda da amici ma in modo costruttivo a differenza dei genitori che si offendono in modo aggressivo e senza motivi apparenti. Molti stereotipi con il privilegio di essere raccontati rubando qualche risata per l’assurdità di certe situazioni che si vengono a creare. Un comico-grottesco che ricorda il teatro di qualche tempo fa, perduto e allo stesso tempo assolutamente affascinante. Al centro del racconto l’amore, tra una sedicenne e un settantenne, approvato dai coetanei di lei, e che fa ribrezzo agli adulti solo perché in lui vedono la proiezione di loro stessi. Non è da bocciare del tutto, lo consiglio per rifletterci un po’.

A cura di Francesca Vennarucci

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