Boris – il film: intervista al co-creatore

PARLA LUCA VENDRUSCOLO, UNO DEGLI AUTORI DELLA SERIE DI FOX

Com’è il passaggio da “Piovono mucche” a “Boris – Il film?”

Si tratta di un passaggio molto ‘allegro’ dal punto di vista della distribuzione. Usciremo in 300 copie e il mio primo film uscì in cinque copie, a Roma in una sola sala, con tre spettacoli su quattro: è un enorme passo in avanti. Credo però che ci sia anche una continuità nel raccontare una storia vissuta con le sue emozioni, qualcosa che è diventato un patrimonio di noi tre (si riferisce ai co-registi e co-sceneggiatori Giacomo Ciarrapico e Mattia Torre, quest’ultimo anche co-sceneggiatore di “Piovono mucche” ndr). Ed è nato lì un rispetto speciale per le dimensioni dei sentimenti reali, le sfumature, le complessità che invece normalmente vengono tagliate fuori nella commedia di oggi, di solito un po’ manichea nel ridurre al massimo le caratteristiche dei personaggi che possono essere il “furbo”, il “fesso”, lo “scopante”, il “non-scopante”, di destra e di sinistra e così via. La società viene tagliata con categorie assolutamente rozze e si cerca di fare della commedia con questi elementi. Però non fate la commedia sulla società, fate le variazioni sul tema, come la commedia dell’arte, nel suo ultimo periodo, quando era meno feconda e partiva da alcuni stereotipi. Io credo che abbiamo imparato anche da “Piovono mucche” ad abolire gli stereotipi.

Il rapporto con il cast com’è cambiato dalla serie tv al cinema?

Non è cambiato. Gli attori hanno portato la loro maestria e la loro dimestichezza col loro personaggio che è stata fondamentale. Girando il film ci siamo accorti che noi non dovevamo far altro che puntare la macchina, per esempio, su Ninni Bruschetta e lui era già Duccio. Si nota un cambiamento nell’ambiente, perché il personaggio è completamente dominato dall’attore. Forse quello che abbiamo chiesto era di trovare un’ulteriore dimensione di tragicità, cioè di verità drammatica dentro un personaggio comico: dove possiamo portare il personaggio? Fin quanto possiamo spingerci a esplorare le sue contraddizioni più intime? Per cui Sergio scopre dentro di sé l’animo del produttore indipendente che vuole fare un bel film, Renée riscopre dentro di sé il retaggio di un antico entusiasmo, si rende conto che voleva darsi alla regia per fare il cinema. Insomma sono tutti spinti più in profondità.

Qual è il vostro modello d’ispirazione per quanto riguarda la commedia?

Non ne abbiamo uno preciso. Sia perché siamo in tre ed è difficile far riferimento a delle ascendenze precise, sia perché credo che sia un momento di rifondazione della commedia, spero, noi almeno lo cerchiamo. Si cerca di prendere il meglio da tutto, da tutti i film che piacciono, partendo dall’idea che se ci piace un determinato film, vuol dire che lì c’è qualcosa che hanno colto e va’ scoperto. Puo’ essere i Coen, la nuova commedia inglese, la commedia italiana più ‘nobile’, ma anche serie televisive: noi andiamo a beccare tutto quello che ci sembra più vivo e vero e poi ogni tanto viene una buona idea originale anche a noi.

Per quanto riguarda il ‘meta-cinema’ vi siete rivisti qualche film sull’argomento come “Effetto notte” di Truffaut?

L’abbiamo rivisto e l’abbiamo molto ripensato. Ci chiedevamo quali strategie narrative comportava il meta-cinema e ci siamo resi conti che spesso porta con sé una grande nostalgia, che noi però volevamo evitare, altrimenti diventava tutto troppo zuccheroso. Inizialmente erano previste anche scene in cui René Ferretti guardava i vecchi classici della commedia all’italiana, ma poi le abbiamo tolte. Ci sembrava veramente un omaggio di cui non si sentiva il bisogno. Sarebbe diventata un’inutile accettazione, un’enfasi a rischio retorica. Il cinema è sempre minimamente auto celebrativo, questo l’abbiamo dato per scontato.”Boris” sarà una celebrazione del cinema, ma anche una pellicola molto pessimista.

Ci sono possibilità per un sequel di “Boris”?

Non abbiamo assolutamente previsto di sfruttare tutte le potenzialità fino all’ultima goccia. Come previsione, direi Assolutamente no. Poi, non lo so, la vita è molto complicata. Di storie per il prosieguo ne abbiamo tante. Ogni volta che ci viene in mente qualcosa di divertente, ci diciamo “Questo potrebbe succedere a René, a Duccio, a Stanis”. In effetti le situazioni più grottesche si adattano più a Stanis.

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