Cine-reality: la frontiera oscena del man-watching

DAL GRANDE FRATELLO AI FILM-VERITÀ, L’EMOZIONE DIVENTA TARGET MIRATO

Fiction nella fiction, ossia finzione nella finzione, cinema e realtà, sceneggiato e video amatoriale, documentario e copione televisivo. Qual è il confine tra questi – tanti – modi di intrattenimento scenico? A parte lo schermo, il punto comune risiede nel voler mostrare una storia. Di che tipo e in quale modo sono le domande a cui i diversi media cercano di rispondere, in maniera personale, ciascuno con le proprie caratteristiche di mezzo d’informazione (manipolata) ad arte: l’arte dello show business! Accostandoci al cinema, il reality show è da lungo tempo considerato non solo come l’emblema delle produzioni televisive, ma vero e proprio spunto narrativo. Nel 1965, tanto per fare un esempio, Elio Petri girava La decima vittima, film ambientato in un futuro prossimo in cui l’aggressività di tutti gli uomini avrebbe avuto sfogo all’interno di un programma controllato da varie emittenti mondiali. Poi, dopo un lungo periodo di circospezione sceneggiativa, all’alba della suprema Telecamera, ecco arrivare il cambiamento.

Nell’ultima decade (e poco più) sono stati proposti una serie di film sull’argomento, destinati a suscitare uno scalpore inversamente proporzionale agli anni di uscita e al progresso digitale. Il Grande Fratello ha sovvertito ogni regola di visione e promozione. The Truman Show (1998), vero capostipite, è un capolavoro incentrato sul voyeurismo più spinto, il “monitoraggio” fisico e invasivo dell’intera vita di una persona, dalla sua nascita fino alla piena consapevolezza del sistema, frustrante quanto di innegabile attualità. Poi uscì EdTV di Ron Howard, film meno appariscente, ma dallo stesso messaggio distruttivo, lo sdoganamento di sentimenti privati a buon mercato. Infine l’horror-spirituale della porta accanto, manifestato nella recente pellicola Live!, film con Eva Mendes che concepisce il reality più estremo mai pensato prima: il gioco della roulette russa in prima serata. Potere degli indici di ascolto, la vita in diretta che colpisce sempre quando il dramma è alle porte. Shock, violenza mediatica, clamore, sono i termini tecnici per indicare l’innegabile interesse suscitato dalla fiction-verità.

La morbosità dell’ultimo attimo. E così siamo arrivati ad oggi, dove la finzione è normalità e talvolta anche noia, gli spettacoli di settore raggranellano ancora tanti ascoltatori e dove le storie scritte di pugno per il cinema sono talmente alla “portata di sguardo” che spesso finiscono nel confondersi con la realtà quotidiana. A cosa siamo arrivati, se parliamo di reality games e invenzione narrativa? Il responso immediato è l’assuefazione da stasi cerebrale, poche idee, tanto profitto. D’altronde in sala ne abbiamo viste di tutti i colori, dall’horror alla commedia rosa, dal thriller allo psico-dramma, ogni genere conosce ormai una casistica di trame apparentemente assurde, derivazione di un business che tira, eccome se tira. Le fiction proposte nei vari palinsesti spaziano su tutti gli ambiti e i livelli di realtà, dalla cronaca più verosimile al fantasy più strampalato e irriverente.

Un esempio? Primo fra tutti, la recente e stravagante serie tv Dead Set, che racconta di un’invasione di zombie che iniziano a diffondersi ovunque, lasciando scampo soltanto agli inquilini di una famosissima casa: quella del Gieffe. Ogni cosa calcolata al millesimo per racimolare potenziali spettatori, da cui (s)fortunatamente cinema e televisione possono attingere appieno, una fonte inesauribile di assurdità varie che sconfinano nella letteratura fantasy, fin troppo abusata. Parliamo quindi di sederci sul divano per osservare emozioni reali, quelle vissute dai nostri vicini di casa, quelle che leggiamo sulle pagine dei giornali soffermandoci sulla cronaca, ma anche le stesse che ogni giorno proviamo sulla nostra pelle. Non fantascienza, quindi, ma informazione asettica a cui non serve raccontare l’impossibile per catalizzare l’attenzione del pubblico. Basta guardare.

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