Frozen: recensione film

IL COMPITINO DI GREEN NON BASTA A RAGGIUNGERE LA SUFFICIENZA

Di solito associamo Frozen al Margarita, quindi ad una situazione di estremo relax. La questione è invece ben diversa, l’argomento affrontato sottintende quella situazione avversa in cui il freddo supera lo strato di protezione e la nostra pelle comincia a ghiacciare. Ma, “Frozen”, è anche una onomatopea che rimanda al gelo appunto, che fa rabbrividire, come la storia messa in scena da Adam Green, che per l’occasione ha scelto di terrorizzare il pubblico con un racconto claustrofobico ambientato su una seggiovia.

Ferma. Isolata. Con tre persone rimaste sospese. Incipit feroce, tensione alle stelle, un genere, il thriller, tirato allo stremo, la riuscita? Buona per metà esatta, perché dove il passare delle ore in attesa di vani soccorsi (per i protagonisti) genera una notevole suspence, il resto del tempo è occupato in ricordi e discorsi auto-incoraggianti di bassa lega.

Purtroppo per il film questo fa pendere la bilancia al negativo, come le trovate orrorifiche che fanno saltare sulla poltrona sì, ma sbottare di risate al contempo, quasi che il pubblico, prendendolo come pura fiction, etichettasse “Frozen” nel gergo fantascientifico del “tanto è impossibile” e “pure quello gli capita, che sfiga!” Insomma, forse poco consci dell’importanza del testo, anche in una pellicola minore, regista e troupe non varcano la soglia del gioiellino di genere proprio per tali ragioni. Non basta la paura, non basta la disperazione e la lotta impervia per la sopravvivenza, non bastano gli effetti speciali (atmosferici), se manca il cuore del film, si è morti ancor prima di cominciare.

Per un errore umano e preoccupante disattenzione il trio rimane bloccato di domenica pomeriggio su una seggiovia, ferma a metà del suo percorso, troppo in alto per lanciarsi senza conseguenze. Come e se sopravviveranno, visto il gelo incombente, verrà svelato in un crescendo di terrore umano a cui lo spettatore non potrà sottrarsi, salvo poi “sciogliersi” quando l’immaginazione sorpassa in accelerazione i canoni della realtà e rende tutto finto e un tantino prevedibile.

Le emozioni ci sono, manca una certa coerenza tra i passaggi della narrazione, nei rapporti tra i personaggi e nel loro scontrarsi con le forze della natura. Preso nudo e crudo il film può soddisfare certi palati, nel complesso di opera cinematografica si macchia di un peccato basilare nel suo escamotage narrativo. Certi temi sono inappropriati e il surrealismo della paura distoglie l’attenzione.

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