Gainsbourg – vie heroÏque: retro-recensione

UNA BIOGRAFIA SENTITA E MOLTO FRANCESE, NEL BENE E NEL MALE

Serge Gainsbourg è uno dei patrimoni artistici della Francia, un autentico poeta, ma anche uno che ha saputo spaziare dalla tradizionale ‘chanson’ francese al reggae senza problemi, diventando dopo la sua morte uno degli elementi di punta della cultura popolare francese: un po’ come i nostri Battisti e De André. Dopo alcune biografie sui cantanti statunitensi, come “Ray” e “Walk the line”, arriva dunque questo ritratto accattivante del famoso cantante che si distacca decisamente dai canoni del ‘bio-pic’ tradizionale, un po’ come “Io non sono qui” di Todd Haynes, anche se qui siamo su un livello leggermente più basso.

Si parte dall’infanzia, tra la paura della guerra e la passione per la pittura, la musica e le primi pulsioni sessuali, per arrivare alla mezza età del personaggio, quando ormai è devastato dall’alcolismo. Ma al regista non interessano tanto le storie riguardo al cantante, quanto piuttosto le menzogne o, per dirla meglio, le leggende.

L’opera prima del disegnatore Joann Sfar alterna momenti originali e onirici ad altri più convenzionali, ma tutto sommato evita la struttura classica di alcune pellicole statunitensi di questo genere che prevedono la struttura “salita al successo-discesa per droga o alcool-risalita grazie all’amore”. Difatti qui la risalita manca. La prima parte, dedicata alla crescita di Gainsbourg, è la migliore con delle invenzioni visive che ricordano il miglior Tim Burton miste a una sensibilità verso il mondo dei bambini di ‘Truffautiana’ memoria. La seconda si concentra sulle storie d’amore e, a parte la Juliette Greco interpretata dalla sensualissima Anna Mouglalis, non offre grandi personaggi femminili: in particolare fa gridare allo scandalo l’imitazione di Brigitte Bardot, fatta da Laetitia Casta, modella tra le più belle del mondo, ma anche attrice piuttosto scarsa. Risulta incolore anche la Jane Birkin di Lucy Gordon. Il film comunque funziona grazie all’interpretazione di Eric Elmosnino che non è solo uguale di faccia a Gainsbourg, ma riesce anche a catturare le diverse anime del personaggio: dall’impacciato seduttore dei 20 anni all’incallito seduttore dei 30, fino al degrado fisico dei 50 –difatti morì a 52 anni-. Interessantissimo è il rapporto tra il protagonista e il suo doppio, un pupazzo alto due metri che pare uscito da “Nightmare Before Christmas”. Inutile soffermarsi sulle musiche visto che come nel caso de “La vie en rose” qui abbiamo dei classici riarrangiati per l’occasione che in alcuni momenti fanno venire i brividi.

Nonostante il ritmo nel finale rallenti, “Gainsbourg Vie Heroïque” è un film consigliato, decisamente qualcosa di inusuale nel panorama attuale, che ci aiuta anche a dare un’occhiata alla varietà della cultura francese. Peccato che nessun distributore si sia preso la briga di portarlo anche da noi…

Curiosità: nel film appare il regista Claude Chabrol, nella sua ultima apparizione sullo schermo. L’attrice Lucy Gordon sembrava destinata a un futuro radioso, vista la sua bellezza, ma è stata trovata impiccata in un albergo, prima dell’uscita del film nelle sale francesi.

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