Harry potter e la camera dei segreti: recensione

SECONDO CAPITOLO DELLA SAGA DEL MAGHETTO DAGLI OCCHIALI TONDI

Parlare del secondo capitolo di Harry Potter è come avvicinarsi ad un testo sacro e leggerne un passaggio necessario, seppur meno avvincente del racconto completo. “Harry Potter e la camera dei segreti” si innesta perfettamente nel filone fantasy dedicato al maghetto più famoso di sempre, specie sul grande schermo, in cui fece il suo debutto nel lontano 2001, dieci anni di cinema orsono.

La storia prosegue dopo l’inevitabile presentazione del giovane Harry, il focus sui suoi genitori e sulle avventure, ancora fumose, che potrebbero aspettarlo nel successivo decennio.

Tornato a casa dopo la prima annata di Hogwarts, il mago in erba si scontra con la noiosa e pedante routine quotidiana nella quale è intrappolato, ovvero la casa degli zii babbani. L’intervento prima di un elfo e poi dell’amico Ron lo riportano nel mondo incantato, dove compirà il primo passaggio verso l’adolescenza, periodo dark per eccellenza, condito dal notevole e drammatico scontro con Tom Riddle. All’interno della scuola aleggia l’ombra del malefico Voldemort.

L’avventura è un concentrato di narrativa e fiabe per bambini, ma di stampo Grimmiano, in cui per giungere alla morale si attraversano le paludi dell’orrore, la crescita che si fa emozione e sofferenza, gioie e dolori della necessaria formazione sociale, amicizie a rancori al tempo delle arti magiche, portate al loro culmine ed elaborate passaggio per passaggio.

Considerando che si tratta di un viaggio in itinere, un racconto che iniziato ad una certa età si conclude(rà) due lustri dopo, il film pose il regista Chris Columbus nella condizione di raccontare un libro come ponte di una storia in divenire.

Senza lasciare troppo spazio all’immaginazione, ma trasportando lo spettatore in una realtà di pura fantasia, in cui però sentimenti ed affetti sono di natura reale. Il secondo capitolo di Harry Potter ha il pregio di rimanere una favola per bambini cresciutelli, ma anche il difetto di perdersi in questo gioco di ruoli tra racconto favolistico e filone horror. Harry, il bene civettuolo, contro Tom, il signore oscuro (o parte di esso) che rappresenta ogni piaga maligna che giace nel mondo.

Quale? Sul piano esistenziale qualunque può andar bene ai fini della partita, J. K. Rowling inventò un universo visivo all’epoca entrò in conflitto con l’uscita de “Il signore degli anelli”, ammaliando senza stupire e relegando la pellicola a ruolo di secondogenito, meno importante del primo episodio, ma necessario nella parabola familiare dei mezzosangue.

Farne parte significa abbandonarsi ad una storia fantastica, che, seppur latitando in quanto a spettacolarità, mantiene viva l’attenzione sui tre fulcri narrativi: la crescita di Harry, il mistero del suo oracolo e l’atteso scontro con il Male. Inevitabile a lunghissima distanza.

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