Per sfortuna che ci sei: recensione

QUALCHE PECCA, MA DIVERTENTE, FRESCO, SPENSIERATO, DA GODERE!

Può un uomo portare sfiga a tutte le donne con cui tenta di instaurare un rapporto? Sì, se ti chiami Julien Monnier e sei il protagonista di “Per sfortuna che ci sei”, film diretto da Nicola Cuche. Oltralpe ormai ci hanno abituato a sfornare una serie di commedie divertenti/intelligenti, come “Potiche” o “Il truffacuori”, giusto per rimanere tra il 2010 e il 2011, che hanno il merito di intrattenere il pubblico, non scadendo mai nel volgare, giocando il tutto sui doppi sensi, le allusioni, gli sguardi.

Con questo film scopriamo anche che i francesi sanno raccontare l’amore anche da un punto di vista inedito, non solo con cenette romantiche sulla Senna. Riuscire a raccontare l’amour, mettendo al centro della narrazione la sfortuna, è una scommessa che il regista Cuche soddisfa a metà. Infatti se l’assunto di base è semplicemente geniale e l’inizio, con 10 minuti di flashback, da “sbellicarsi dalle risate”, a metà pellicola, il ritmo rallenta, nonostante alcune brillanti trovate a livello di sceneggiatura. I protagonisti del film sono straordinari: Virginia Efira, vista nel grottesco “Kill me please”, e François-Xavier Demaison tengono lo spettare incollato allo schermo e con le loro facce simpatiche, creano la giusta empatia per suscitare ilarità.

Durando appena 87 minuti, il film non sviluppa appieno le situazioni che creano tutti i personaggi. Certo è che di questo Nicolas Cuche ne sentiremo parlare ancora nei prossimi anni.

Se si guarda al titolo (l’originale è “la Chance de Ma Vie”), potrebbe sembrare di dover commentare la solita stupidotta commedia romantica all’italiana degli ultimi 10 anni, ma non è così. Nonostante infatti tutte le pecche che si possono trovare, “Per sfortuna che ci sei” è un film onesto e modesto: onesto perché non ha pretese di essere un capolavoro, onesto perché riesce nell’intento di far divertire un il pubblico; modesto perché in Francia non ci sono star, ma tutti si mettono all’opera, come formichine, per riuscire a donare qualcosa di interessante da vedere.

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