La recensione in anteprima di “cave of forgotten dreams” di werner herzog

DALLA NOSTRA INVIATA NEGLI STATES, CHE COSA VEDERE NELLA GRANDE MELA

Ancora fino a Giovedì nel piccolo cinema dell’IFC Center, nel cuore del West Village, è possibile assistere all’ultima creazione di Werner Herzog, il film documentario 3-D Cave of forgotten dreams, presentato nel settembre 2010 al Toronto Internationl Film Festival e a primavera al Trento Film Festival. Il regista tedesco ci conduce questa volta nella caverna di Chauvet-Pont-d’Arc, nel sud della Francia, per ammirare alcuni dei più antichi graffiti mai scoperti fino ad ora, risalenti a più di 30.000 mila anni fa. Ed è una bellissima serie di figure animali quella che si dispiega alla luce chiaroscurale delle torce: cavalli in corsa, orsi, leoni, bisonti e mammuth. La grotta, rinvenuta nel 1994 e chiusa al pubblico, custodisce fra le sue affascinanti stalattiti e stalagmiti anche ossa di animali e misteriose impronte rosse di mani.

Con un montaggio “naturale” e un po’ naive che ben simula un registro da documentario a basso costo e che contrasta volutamente all’effetto scenografico del 3-D, nel suo film, Herzog più che fornire dati e informazioni sulla realtà è interessato all’interpretazione che se ne può dare di essa, all’immaginazione che ne può scaturire.

La bellezza estetica diventa allora spunto per spassionate considerazioni pseudo-filosofiche sulla vita umana, sulla storia dell’uomo e sul rapporto che esso intrattiene con la natura e con l’arte. I cavalli dal contorno ripetuto che imprime un movimento quasi futuristico al graffito, diventano un’anticipazione dell’immagine cinematografica stessa.

Punteggiato da osservazioni poetiche e congetture sulla “storia” della caverna e dei suoi artisti preistorici, il film è narrato direttamente dalla voce modulata e un po’ soporifera del regista e si arricchisce di interviste a personaggi curiosi che per un motivo o l’altro gravitano intorno alla caverna. Memorabile l’antropologo che lavorava nei circhi e che sogna leoni da quando è entrato nella caverna, o il fabbricante di profumi che rintraccia le grotte con il proprio olfatto. Un po’ intellettuale e pervaso da una sottile comicità, il film merita sicuramente la visione (ma chissà se arriverà mai nelle sale italiane), non fosse altro per l’unicità e la freschezza delle sue immagini.

ELENA TOCCAFONDI

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