Memorie di una comparsa in un set italiano

DEDICATO AI MIEI PIEDI.

Che io sia stata incredibilmente ingenua è fuori discussione. Ma alzi la mano chi, sentendosi offrire la possibilità di recitare come comparsa, non si sia abbandonato a sogni di gloria. Io, almeno, l’ho fatto.

Quando mi hanno offerto questa possibilità, ero sicurissima di tre cose.

Uno, mi sarei divertita come una pazza e avrei guadagnato bene non facendo sostanzialmente nulla. Due, avrei conosciuto gente famosa che sarebbe stata affabile e divertente con me e magari qualcuno, colpito dalla mia incredibile simpatia, mi avrebbe introdotto nel mondo dorato del cinema. Tre, avrei imparato tutto quello che c’è da sapere su un set e avrei potuto sfoggiare un’espressione di superiorità quando avrei parlato con gli altri comuni mortali.

Penso di non essermi mai sbagliata tanto.

Qualche indizio su quello che mi aspettava lo avrei dovuto ricavare dall’orario di convocazione, le sei del mattino. Dopo code chilometriche e compilazione di almeno venti fogli mi ritrovo spedita in un camerino a cambiarmi, ordine che eseguo entusiasta e beatamente ignara del fatto che i tacchi li avrei tolti solo quattordici estenuanti ore dopo. Truccata e salvata per un soffio da pesante cotonatura, mi ritrovo sul vero e proprio set: ambiente volutamente esagerato circondato da telecamere, microfoni e luci di scena. Fantastico.

L’aiuto regista mi indica il punto dove ballare e mi sento una vera e propria diva. Il mondo dello spettacolo si sa è pieno di sorprese, e dopo ore passate a mimare canzoni da discoteca scopro di dover ballare il lento con una povera vittima scelta a caso. Fortuna che ho annaffiato di profumo il vestito…

Zoppico, ballo, e svicolo disperata tra i piedi impacciati del mio patner. Maledico la mia originaria esaltazione, i miei tacchi, e la canzone del Tempo delle Mele, che penso di non aver mai ascoltato tante volte. Qualcuno però mi deve davvero volere bene perchè, per un miracolo che farebbe impallidire qualsiasi santo, il cinturino delle mie scarpe salta. Benedizione dall’alto di indossare ballerine, crisi di pianto della sottoscritta, violenta invidia nelle mie compagne costrette sui tacchi. Sono così contenta che quando il mio ginocchio cede definitivamente continuo imperterrita a ballare.

MORALE.

Mi piace scrivere con ordine e quindi chiuderò l’articolo riprendendo i tre punti iniziali.

Uno, sicuramente mi sarò divertita, ma non lo ammetterò fino a quando gli ematomi sui miei piedi non si saranno assorbiti. Due, la gente famosa e affabile c’era ma ero troppo stanca per parlarci e la mia simpatia è rimasta evidentemente celata, dato che sono qui a scrivere e non a qualche festa esclusiva. Tre, ero una tra quattrocento comparse, perciò è tanto se ho sentito il famoso rumore del ciak. Ciò ovviamente non mi impedirà di mostrare un’espressione di superiorità, ma rimango ancora una comune mortale.

Almeno mi si vede nel film…

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