Enter the void: recensione film

EPILETTICO, SNERVANTE, IRRITANTE… UN FILM EVITABILE

Gaspar Noè ogni volta che decide di mettersi dietro alla macchina da presa lo fa per creare shock nello spettatore che si reca a vedere un suo film. Ci era riuscito grazie a “Irréversible”, ci prova, ma non ci riece, in “Enter the Void”, la sua ultima fatica girata tra la Francia e una notturna e psichedelica Tokyo. La storia segue la vicenda di Oscar, un giovane spacciatore francese che viene ucciso dalla polizia giapponese. Attorno alla figura di Oscar ruotano tutti gli altri personaggi che nella loro vita sono venuti più o meno  a contatto con il ragazzo. Il film è girato tutto in soggettiva, scelta registica che dopo due ore e venti di film diventa snervante ed insopportabile, tanto da far venire a volte il mal di mare.

L’inizio è geniale: titoli di testa e titoli di coda tutti proiettati insieme in maniera talmente veloce da non far capire nulla allo spettatore, che riesce subito ad addentrarsi nelle atmosfere da trip che la storia vuole raccontare. Anche i primi venti minuti di film sono davvero notevoli, sia per il tema trattato, sia per come viene trattato, ma dopodichè la linea dell’emozione, che in una storia di droga e malavita, con continue analessi e prolessi per raccontare il vissuto dei personaggi, dovrebbe sempre essere a livelli altissimi, scema man mano che la pellicola procede, con momenti di involontaria ilarità, seminati in tutto il film.

Con “Enter The Void” il regista cercava un modo per raccontare, in uno stile molto anni ’80 e ’90, il mondo della droga e dei “viaggi” che l’anima dovrebbe fare ogni qualvolta la mente subisca delle distorsioni a livello psichico per colpa delle sostanze stupefacenti. Speriamo che sia presto risucchiata dal void (il vuoto) dal quale proviene. 

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